RINGRAZIAMENTI
A Niki Vescia.
Ovviamente si ringrazia il protagonista, nel senso più ampio della parola, per aver partecipato all’ incontro da cui è stata tratta la stesura di questo “scritto”, il cui intento è quello di diffondere la cura, l’intelligenza e l’esperienza che Lui, da grandissimo campione sportivo, ha sempre avuto per il Meteor. Dalle note che seguiranno (tratte quasi parola per parola dalla registrazione video) si comprende benissimo, anche senza immagini, la sua passione per il mare e la vela, l’abilità di un grande atleta e la sua inconfondibile simpatia e disponibilità……. Insomma, in poche parole, un “Gentiluomo dei Mari e Gran Signore”, (non nel senso dell’età…….), che qui, tutta la Flotta di Roma, ringrazia con la massima stima e caloroso affetto.
A Massimo Pettirossi.
Che si è impegnato da Capoflotta a realizzare l’incontro tra Niki Vescia e tutta la Flotta Meteor di Roma, per poter stimolare tutti gli armatori a fare quel passo “mentale” importante verso le regate. Oggi, con altri impegni sportivi, è ancora l’attore principale per l’organizzazione del XXXI Campionato Italiano Meteor a Fiumicino, che si svolgerà nel giugno del 2004.
Redazione: Alessandro Borgia, in Roma, il 5 febbraio 2004.
Aggiornamento al 9 aprile 2004.
IL METEOR SECONDO NIKI VESCIA
GLI INIZI
Io ho iniziato ad utilizzare il Meteor a Trani, perché lì, dove ero Istruttore della Lega Navale, c’era un Meteor-scuola, di quelli aperti.
I ragazzi che all’ epoca venivano a fare il corso di scuola di vela con me (che poi sono stati membri del mio equipaggio), mi chiesero quale barca comprare per iniziare ad andare a vela.
Così io consigliai il Meteor che è una barca assolutamente ottima per iniziare, assolutamente ottima per regatare, e di questo sono sempre rimasto convinto.
Comprarono quindi una barca. La presero da Venezia, una barca usata, la rimisero a posto e la chiamarono “Magia”, perché all’epoca erano tre i proprietari: Massimo, Gianni e Antonio.
Quindi io li ho seguiti sia per mettere in sesto la barca e sia per vedere quello che c’era da fare per rendere la barca competitiva.
Poi dopo Magia, al Campionato Italiano di Trani, (1991- n.d.r.) vollero ampliare la Flotta e quindi, Massimo si staccò e si comprò le quote di Magia, invece, Gianni e Antonio si comprarono un’altra barca, una barca nuova, che all’epoca si chiamava Playbasket, e poi Canapè.
Si chiamava in tanti modi, perché non aveva un nome, ma prendeva il nome dello sponsor che ogni volta li accompagnava.
LE MESSE A PUNTO DI QUELLA PRIMA BARCA RISPETTO AD OGGI.
Le messe a punto di quella prima barca rispetto ad oggi.
Non c’è nessuna differenza: per rendere una barca competitiva penso che sia una questione di tante piccolissime cose.
Se noi iniziamo a dire per esempio: “Questa è una piccolezza, non la faccio”, allora inizia la debacle di quella barca.
A me fa piacere andare per mare, anche su barche non necessariamente competitive.
Quando sono libero gli amici di Castiglioncello, ad esempio, m’invitano su barche, non Meteor, barche d’altro tipo, che comunque fanno “pietà”. Anche se questo termine è spiacevole. Però è un termine che noi dobbiamo cancellare dal vocabolario nostro velico, intendo, perché ci sono tante piccole cose che possono essere fatte e, quando io salgo su questa barca, mi vengono i nervi perché dico: “Cosa ci vuole a fare una fesseria del genere”.
E loro dicono “Cosa si può fare per sistemare la barca?”
Ed io allora dico: “Fai questo, fai questo, fai questo…”.
Diventano cento cose, cento piccole cose che ti fanno fare quel mezzo nodo in più, che poi ti fanno uscire in partenza davanti al gruppo, e dopo due virate sei, forse, davanti e, se a questo abbini anche una certa tattica buona, stai davanti agli avversari e via dicendo.
Quello che vi pregherei di fare è: cercate di non dire più “Va be’ questo non lo faccio, tanto è poco”.
Certo io non pretendo che Voi prendiate un meteor e ci spendiate dieci milioni, o compriate una barca nuova.
Prima si faceva un colloquio, con uno di Voi, se vale la pena a quel punto vendere la barca e comprarla nuova: probabilmente si!. Forse è più economico. Però, attenzione, che la barca nuova il cantiere te la da in condizioni che devi metterci mano, quindi, probabilmente, la cosa più conveniente da fare è prenderla da chi, come Niki Vescia, ce l’ha già tutta pronta (io comunque non la vendo). Cioè qualcuno che ha fatto regate, fino a poco tempo fa, e poi ha dei problemi per cui la deve vendere.
Quando voi prendete una barca pronta vi levate alcuni dei problemi, come il timone che “balla”, le scotte che sono elastiche e via dicendo…….
Dovete, però, iniziare a pensare di lavorare.
Tra l’altro i campionati invernali sono belli per quello, perché sono lunghi e solitamente sono alternati: c’è regata – giorno di pausa – regata – giorno di pausa.
Il giorno di pausa, o magari il giorno di regata dove il tempo è brutto e non si può uscire, dedicatelo alla barca per fare una cosa, se poi ne fate due, il tre è ottimo perché dimezzate i tempi.
Il Meteor è una barca “storta”.
Il cantiere non è precisissimo e può montare il bulbo non perfettamente verticale.
Se andate in cantiere, a comprare la barca nuova, sappiate che il bulbo montato va controllato, mettendo un filo a piombo sotto la chiglia, tenendo presente che i Meteor sono barche storte.
Non pensate di trovare una barca dritta, in quanto è proprio lo stampo usato non simmetrico, in assoluto.
Parlando di forma questa è diversa, cioè se voi andate a misurare, ad esempio, la panca del Meteor, ci possono essere delle differenze sui due lati: se voi andate a misurare dalla prua le due misure, queste non tornano.
Partiamo da un esempio: come mettere le rotaie o regolare il fiocco.
Molti fanno le cose “carine”, esteticamente: prendono la rotaia, questa, molto spesso, è messa alla stessa distanza dalla panca e regolano il genoa secondo i buchi (ad esempio un buco fuori, due buchi fuori …). Sappiate che la barca non è simmetrica, perché, se voi avete preso la misura dalla panca, da dietro, questa misura non è uguale all’altra.
Piuttosto a Voi conviene stendere un filo da prua, (od altro sistema), per la misura dalla prua alla bugna di scotta della vela, riportarlo sui due lati, per avere il punto vero. Quindi regolate il genoa secondo questo punto vero (più avanti o più indietro).
Se dovete mettere una rotaia nuova, mettetela prendendo come riferimento la bugna della vela, che è quella che, sicuramente, dà la simmetria, perché la barca è storta.
Tutte le barche sono storte.
Lo stampo delle barche è uguale, anche se è vero, come diceva Incarbona, le barche sono diverse per peso, bulbo …. Questo non c’è dubbio.
Però gli stampi, almeno per quel che ne so, sono stati sempre quelli e sono passati di cantiere in cantiere, il quale avrà fatto, che ne so, una modifica all’attacco del bulbo, ma la coperta è rimasta sempre quella.
Sono d’accordo con Incarbona che le barche sono diverse una dall’altra e credo siamo tutti d’accordo, c’è poco da fare.
Però, quello che voglio dirvi oggi (che ho sempre fatto io) è la modifica dell’attrezzatura di coperta, della cura della carena, della cura dell’albero.
Io, sulla questione manomissione della barca, non ho mai voluto fare nulla, tanto è vero che la prima barca che presi fu Magia: l’abbiamo messa a posto “esteticamente” e con l’attrezzatura; all’interno aveva il controstampo ed è rimasta con il controstampo.
Dopo di che abbiamo preso la barca nuova perché c’è stato un pensiero, tipo quello che faceva il vostro amico: Mi conviene prendere una barca nuova? E abbiamo, allora, preso subito una barca nuova, da Nauticalodi che, per esempio, il controstampo non ce l’ha e il bulbo l’abbiamo preso già attaccato.
Ci sono, a proposito, molte fantasie.
Che la barche siano diverse le une dalle altre non ci sono dubbi: però non è un difetto del Meteor.
Se noi andiamo sulla classe J24: addio!.
Se andiamo alla classe Fun, è la stessa cosa……. Io parlo sulle classi su cui ho regatato.
Vi posso assicurare che, io, sulle barche non ci ho mai fatto nulla.
Ho preso delle barche della Nauticalodi, ci avrò fatto le “pazzie” sopra la coperta, perché il Meteor lascia delle libertà di scelta.
Questa è una cosa bellissima, perché non solo magari crea una soluzione più comoda in regata, ma, anche, per i “fantasiosi”, quelli che vogliono lavorare un pochino sulla barca, fa venir fuori dei “capolavori”.
Uno dei più grandi “artisti” della classe Meteor, tralasciando i “tarocchi”, è Giacomo Godone, (attuale capoflotta del Trasimeno – ndr), che si è inventato, per esempio, la drizza dello spi che andava su. Anziché demoltiplicata, l’ha fatta moltiplicata, cioè nell’albero ha messo un paranco al contrario, copiando dalle derive, che, praticamente, con una “manata” andava su: il problema è, che poi, nell’albero, è andata in torsione questa drizza, che si è bloccata, ma, ha inventato questa nuova soluzione.
Il bello è che si possono inventare soluzioni vietate in altre classi, come ad esempio nel J22: il Fun è molto restrittivo con l’attrezzatura di coperta.
Il bello del Meteor è anche questo qua.
C’è la possibilità di rendere una barca veloce senza usare stratagemmi poco leali, perché è talmente ampia la possibilità di migliorare, ed è talmente importante (specialmente nel Meteor, che ha degli angoli molto larghi di bolina), la tattica, che [lo stratagemma]diventa un problema secondario….. Certo, poi, ci sono altri esempi, di altre barche, i cui armatori pensano di aver migliorato ed invece hanno peggiorato…..
Abbandoniamo questo discorso perché altrimenti diventa una polemica sterile……
Partirei, quindi, dalle cose più importanti, che sono facilmente risolvibili e che hanno un costo ed una difficoltà molto bassa.
Inizierei da questo per poi andare a parlare, ad esempio, del bulbo, che abbiamo accennato prima, solo perché si parlava di andare in cantiere a scegliere la barca nuova.
A tal proposito Jeena, la barca mia, è una barca nuova: noi all’epoca eravamo in tre, io, Gianni e Antonio; poi Gianni è uscito perché appassionato di gare con le moto.
Siamo quindi rimasti io e Antonio e abbiamo scelto di prendere una barca nuova per poterla attrezzare da “artista”, tipo Godone.
La nostra barca precedente, quella che non aveva nome (chiamandosi di volta in volta Playbasket, Canapè ….) era ad esempio un buon acquisto e fu venduta: oggi si chiama Gattonero (vincitore del Campionato Italiano di Napoli 2003 – n.d.r.).
Il proprietario l’ha presa e l’ha subito usata per le regate.
Noi, dovendo prendere la barca nuova, siamo andati in cantiere dove c’erano quattro barche, se non sbaglio, già pronte: mi sono fatto dire il peso della barca e, ovviamente, avevamo scelto quella più leggera.
Per quanto riguarda i bulbi ci siamo messi a controllare e questa barca, più leggera, aveva il bulbo leggermente storto: tenete presente che i bulbi erano gia assemblati e quindi non siamo andati là a sceglierli. Anzi, per la verità, erano già assemblati, anche, il pulpito di prua ed il pulpito di poppa. Io, siccome non voglio il pulpito di poppa, perché non mi voglio portare 3 chili a poppa estrema, (ed il regolamento me lo consente), ho addirittura fatto smontare questo pulpito, che loro montano prima di assemblare i due semigusci…….: per dire come le barche erano già complete.
La scelta per quanto riguarda il peso mi avrebbe portato ad una barca.
La scelta per quanto riguarda il bulbo, però, mi ha fatto preferire la barca più pesante, che aveva il bulbo dritto: tra l’altro aveva anche le “femminelle” già montate ed il timone in linea con il bulbo e perpendicolare. Io ho scelto una barca del genere.
Tra l’altro ci è anche andata bene perché, noi, che non siamo dei professionisti (ognuno ha il suo lavoro e dedichiamo alla vela il tempo libero), siamo andati là senza fare un calcolo preciso dell’attrezzatura di coperta che ci voleva sopra, anzi, l’abbiamo creata man mano che ci lavoravamo sopra.
Alla fine ci è andata ancora bene, perché, alla fine del lavoro, abbiamo dovuto mettere 19 chili di piombo al centro, mentre quell’altra barca, più leggera, avrebbe dovuto prendere altri chili di piombo, a prua e a poppa: quella barca quindi era sin troppo leggera.
Arrivato ad un punto, in cui io so di avere: le cime, le drizze le scotte “al massimo”, i bozzelli “al massimo”, l’albero messo il più perpendicolare possibile e via dicendo (poi vi dirò anche dell’albero), che cosa ho scelto? Ho scelto il bulbo dritto.
Se voi dovete invece iniziare, iniziate magari sostituendo una scotta di spi, che nella maggior parte dei casi è elastica: tanto si dice “la scotta spi si tiene sempre in mano, e quindi, che sia un po’più elastica, va bene lo stesso……..”. No!!!
LE COSE IMPORTANTI.
E allora iniziamo a parlare delle cose più importanti per noi.
Infatti quando Voi andate di lasco, o comunque c’è vento forte, il braccio è importantissimo che sia rigido, perché, altrimenti, sotto raffica, tende a far “chiudere” lo spinnaker, che perde forma, cedendo verso lo strallo.
Tenete presente che nemico della velocità è l’elasticità.
Quindi Voi dovete irrigidire il più possibile, per poter sfruttare ogni minima variazione del vento in energia cinetica.
Un esempio di software solamente (e poi passiamo all’hardware). Io sono del parere, come la corrente di pensiero mossa dal velaio dell’Olimpic di Trieste, che il cric, sui bozzelli delle scotte dello spi, deve esserci sempre, anche con vento leggerissimo, perché, se arriva la refola, perdi sempre un pochino, mentre il cric, inserito, ti da subito la spinta sulla barca…….: ecco come la penso io.
Quando volete avere la velocità irrigidite, quando invece volete avere il controllo della barca allora, eventualmente, potete creare un po di elasticità.
Perché vi faccio questo preambolo, con quale dico che per il controllo della barca ci vuole elasticità?
Perché, nel mio cammino sul Meteor, sono passato naturalmente attraverso varie opinioni.
Ci fu, tempo fa, un periodo bellissimo in cui ci furono delle discussioni via posta elettronica, ed io feci un mio intervento, sul quale dissi, ad esempio, che, per l’albero, le sartie alte dovevano essere collocate sulle lande in avanti, verso prua, e invece, poi, tramite Galli, ci fu un intervento di Negri che, dicendo un’altra cosa, mi fece cambiare completamente opinione, in quanto elaborai un nuovo pensiero… Questo perché io non ho imparato soltanto da Enrico Negri, che sicuramente è persona bravissima, ma ho colto delle particolarità, ho imparato, ho visto, ho copiato, anche da barche di livello inferiore, se mi consentite il termine.
L’articolo che uscì sulla rivista tecnica di Harken (cfr. Sailing Technical – anno VII – n. 1 – Gennaio/Aprile 1999 – pag. 14 – 19 – n.d.r.), dove descrissi il fatto di levare completamente i winch ed il fatto di mettere la drizza del genoa demoltiplicata sul carellino: questa idea mi è venuta guardando un Meteor, molto vecchio, che aveva la drizza che si agganciava, con un anellino, sull’albero e poi la demoltiplica sull’albero stesso.
Quindi, poiché ero il più giovane dei meteoristi più vecchi, io non ho vissuto quell’esperienza e quindi ho preso soltanto un Meteor “decrepito” (questo Magia) e l’ho messo su, sentendo chi ci dava una mano: “Metti i winch, metti qua gli stop, metti delle manovre comode….” …che, però, in effetti, ti tolgono rigidità e regolazione.
Ci sono arrivato più tardi, ma sono tornato indietro, in effetti. Quindi attenzione che non dovete copiare soltanto da chi vince il campionato: ma guardatevi, anche, intorno, perché una persona che inizia a salire sul Meteor, in quel momento, può avere un’idea che potrebbe essere utile e preziosa da utilizzare.
I pesi e lo sbandamento.
Quando al campionato di Trasimeno c’è stata la polemica sui bulbi, io non sono andato neanche a curiosare (su alcuni bulbi, per rientrare nelle misure di stazza, si dovette operare accorciandoli – n.d.r.) in quanto pensai di partecipare senza la tensione del campionato, che mi aveva fatto arrivare secondo e terzo per diversi campionati: arrivare verso centro classifica non importa, arrivare secondo o terzo brucia tantissimo. Quindi, finendo le regate, mi distraevo con una radiolina od andavo a correre con il prodiere.
Il campionato si vince su altre cose…..
La questione sbandamento è da tralasciare perché le barche, essendo diverse, hanno senz’altro angoli di sbandamento diversi. Per esempio la barca mia ha 19 chili di piombo in sentina, visibili e vetroresinati con tre strati: il fatto che possa mettere dei pesi correttori, per la stazza, è consentito dall’attuale regolamento, per cui, è evidente, la distribuzione diversa del peso nelle barche e, quindi, lo sbandamento diverso.
Così si rimane nelle regole: ho fatto l’operazione che fanno la stragrande maggioranza di quelli che prendono una barca nuova sottopeso… Non penso che, uno, per essere più onesto di quello che dice il regolamento, il piombo, anziché metterlo sotto in sentina, lo metta sopra, anche perché, chi deve mettere 10 chili di piombo li deve mettere, secondo il Regolamento, in sentina e non sopra, in coperta.
Al di la di questo ci sono delle cose più importanti: il Meteor siccome è quasi una deriva ed il peso dell’equipaggio è libero, se si porta in barca un bel Tailer pesante, (di quelli che piacerebbe trovare a me, di 100 chili), con vento forte, avremo risolto il problema, considerando soltanto il suo peso, tralasciando la forza che ha nelle braccia un tailer di 100 chili, che può dare una “pompata” di spi per ogni onda (e questo è legale).
Quindi, per assurdo, prima di andare a fare un “tarocco” alla barca, io cercherei un professionista, in tutta Italia, un tailer, che mi costa molto meno che taroccare la barca e ho un risultato decisamente migliore.
,E qui chiudiamo la parentesi.
(Uno dei presenti puntualizza che al Campionato Italiano di Trani, trovandosi in prossimità della boa di poppa, in quanto era in avaria, osservò come alcune barche, tornando sul lato di bolina, dopo aver girato la boa di poppa, avevano comportamenti diversi sui beccheggi, con una barca in modo particolare che beccheggiava molto meno, forse proprio perché condotta meglio con buon accoppiamento tra timoniere e tailer – n.d.r.)
Partiamo quindi dal “beccheggio” .
Io vorrei invitarvi a controllare l’interno delle vostre barche in regata.
Molte volte sono entrato all’interno di alcune barche, pronte per la regata, e ho visto, magari, che, a prua ed a poppa, ci si mette il cestino dei panini e l’ancorotto.
E’ vero che uno che va a taroccare la barca compensa questa cosa qua, ma, noi, prima di pensare a taroccare la barca, pensiamo di concentrare i pesi a centro barca: io, il mio ancorotto, ce l’ho sotto il paiolo centrale, con tutta la sua catena e tutta la sua cima. L’estintore non lo porto attaccato alla paratia, lo porto sotto il paiolo: guardate, che qua, io vi sto già dando delle dritte più importanti e vi invito a controllare già queste cose.
In effetti, io, faccio dei “micro- tarocchi”, se si possono chiamare così, che non mi costano nulla, che mi lasciano libera la barca perché non ci sono cose dove si può incastrare una drizza di spi: quante volte è capitato che si è incattivata una drizza su qualcosa che sporge?
Il motore lo metto semplicemente legato al puntone, a piè d’albero, la testa in orizzontale, più verso il centro barca, verso poppa, perché la testa del motore è la parte più pesante e va concentrata sopra il bulbo.
Il motore deve essere funzionante e ci deve essere anche la benzina a bordo.
Il mio motore, 4 cavalli col serbatoio incorporato, perde benzina, come tutti i motori fuori bordo: allora cosa faccio? Anziché mettere la benzina nel serbatoio incorporato, metto la benzina in una bottiglia, con il quantitativo che mi può servire per andare, perché, tenete presente, che il motore non deve essere come quello che aveva l’ancora di cartone……..
La sapete la storia dell’ancora di cartone?
Questa è una storia che mi è capitato di sentire (non so quanto sia vera), però è bella anche come barzelletta. Arriva lo stazzatore. Vede l’ancora e dice: “Proviamo come è quest’ancora?”; e così la fa buttare in mare e vede che galleggia.
Allora dice: “Ma non va a fondo?!…….”.
E il regatante: “…e aspetta che si bagna!”.
Ci vuole tanto tempo per diventare un nome famoso: un nome famoso fa piacere al proprio ego e fa piacere anche al portafoglio, perché, magari, anziché andare a spendere per le regate trovi uno sponsor che ti aiuta e ti fa fare le regate. Ecco, ci vuole tanto tempo per guadagnare questa notorietà, e poi, invece, scusate il termine, sputtanarsi in un attimo perché hai fatto queste cose. Io non ci starei proprio a questo genere di cose, proprio per la valutazione che do alla mia persona.
E’ assolutamente sbagliato.
Quindi tornando al problema cerco di concentrare tutto a centro barca.
Tornando a quanto detto, ad esempio, siccome il motore è uno dei punti in cui si vanno ad incastrare le scotte io, solitamente, lo metto in una busta, di quelle della spazzatura, chiuso con lo scotch, perché, se ho bisogno, in un attimo lo apro, lo spacco ed è subito pronto per l’uso. Così anche l’ancora. L’ancora io non la metto dentro sacchetti: la cosa che faccio io è legare l’estremità del capo della cima ad un punto fermo, che è, ad esempio, uno degli anelli della sospendita. Poi inizio ad abbisciare, dalla coda della cima, in maniera da realizzare una specie di materassino, sotto, appiattendo la stessa il più possibile; poi ci metto la catena, con identico modo, e poi, infine, l’ancora sopra, sopra, in maniera che si possa utilizzare al volo.
Tenete presente che io ho vinto le regate con l’ancora: perché, quando arriva bonaccia a Trani, può capitare che c’è vento di tramontana, poi gira a maestrale, con il maestrale però coperto dal Gargano; ci può essere, in questi casi, una fortissima corrente da maestrale e vento zero. Ecco io ho vinto delle regate perché avevo l’ancora già pronta: in un attimo, come ho visto, con riferimento a terra, che iniziavo ad andare indietro, ho preso l’ancora e l’ho buttata in mare.
Se l’ancora non dovesse entrare tra il fondo della barca ed il paiolo, si possono utilizzare quelle scatole ermetiche, da mettere sopra il paiolo con dentro l’ancora. Non mi interessa che ho acquistato 300 grammi di peso in più, però tengo le cose all’asciutto, tengo in modo che le cose non si vanno ad impicciare, se c’è qualcos’altra cosa di sporgente la copro di scotch ……
Tante piccole cose, tante piccole “piccolezze” che fanno poi la barca veloce.
Ancora un esempio.
I salvagenti, potrei dire: “non li uso per cui li metto ad estrema prua fuori dalle scatole”.
Se voi pesate i vostri salvagenti avranno quel chilo di peso: andranno messi nel gavone, sotto il piano di calpestio del pozzetto, dove li tengo io, pronti all’uso.
Tenete presente che voi e l’equipaggio siete sempre spostati indietro rispetto al bulbo, tanto è vero che come cala il vento, la cosa che faccio io, anche se spiacevole per il prodiere, è “cacciare” il prodiere sottocoperta, mettendolo all’altezza del bulbo sottovento.
Ma io stesso ho uno stick lunghissimo perché vado a timonare vicino all’ingresso del tambuccio.
Questo vale per tutte le barche.
Il timoniere si posiziona vicino al trasto della randa.
Con vento leggero io metto il prodiere sottocoperta, sottovento (e se non faccio questo…. hai voglia a taroccare la barca, a levare 3 chili dalla coperta e metterli in sentina, rispetto allo spostamento di 80 chili di un prodiere da sopra a sotto coperta!).
Il tailer sta sottovento, a regolare la vela, attaccato alla tuga ed io, timoniere, passo, (a prua del trasto n.d.r.) in sovrapposizione, da sopravento, oppure, magari, sullo spigolo, con le ginocchia piegate in maniera da tenere più peso sottovento: comunque tutto questo mi porta tutto il peso al centro (disegni di meteor in sezione – n.d.r.) .
Quindi io devo concentrare tutto al centro: l’ancora, la testa del motore, l’estintore, i tre salvagenti (sotto il pozzetto, ma vicino all’ingresso), la cassetta dei ferri, la bottiglia di benzina, i razzi……
Quando uno porta i bicchieri a bordo….. c’è qualcosa che non va….
Per esempio, un’altra cosa che faccio, per cercare di evitare le polemiche: i salvagenti, di stazza regolamentari, ce ne ho tre, chiusi in un cellofan e quelli non li aprirò mai.
Invece, per la regata, io porto i salvagenti a gilet, e quindi a bordo ho sei salvagenti.
Quando durante la regata mettono la bandiera Yankee (Y a righe diagonali giallo rosse – indossare i salvagenti – n.d.r.) e dovete indossarli, come fate con questi?
Un prodiere non riesce neanche a girarsi: per cui se dobbiamo metterci i salvagenti, per non essere squalificati per non averli indossati, mi porto 1 chilo in più, per non aver problemi.
Tra l’altro i salvagenti si spaccano con la draglia e, a tal proposito, se potessi proporre un cambio al regolamento suggerirei di sostituire la draglia in acciaio con una fascia di tessuto robusto, perché la draglia di acciaio lascia i segni sulla schiena: il “tubo”, sopra la draglia, migliora appena la situazione.
Posso dare un consiglio per la monotipia assoluta, perché se andate sulle altre classi (J24 etc.) è pure peggio. L’unica maniera per essere sicuri di fare regate con barche “uguali” è fare i match race.
Facendo i match race, (non quelli organizzati a fine Campionato Nazionale, quelli dove la manifestazione prevede che, dopo l’iscrizione, è effettuato il sorteggio, da cui viene estratta la barca, – cambiata ad ogni regata-), si è sicuri di annullare le differenze tra le barche.
Io vedo molta gente che arriva al Campionato e dice, con una punta di masochismo: “Ma io ho la barca che pesa 800 chili”…. Però io vorrei entrare in questa barca di 800 chili e vedere, ad esempio, le mensole laterali per appoggiare le cose.
Se si inizia già a levare queste, vedrete che la barca pesa già 3 chili di meno, tra l’altro con quel peso posto in alto rispetto allo scafo.
D’altronde non c’è nessuna regola che dice di non toglierle.
Certo che se io vado alla pesa, poi, successivamente, non posso toglierle, perché la barca deve rimanere come l’ho pesata.
Altre cose: i paioli di legno “strapesanti”.
C’è una regola che dice, se non è cambiata, che i paioli devono avere un peso massimo, perché, tempo fa, si era scoperto che alcuni li appesantivano con il piombo, per avere del peso verso il basso.
Il problema quindi, al contrario, era di chi appesantiva la barca: io con PlayBasket, (oggi Gattonero – n.d.r.), considerato, all’epoca, che ero troppo sopra di peso, sono andato da un artigiano per farmi fare gli stessi paioli in policarbonato, di quel tipo resistenti a “nido d’ape”, e li ho, quindi, sostituiti in maniera da scendere di peso.
Ad esempio negli IMS, così anche nei CHS, il tavolo della dinette deve stare al posto suo: c’è allora chi ha fatto la parte, in fondo, in piombo, e la restante parte, in alto, in policarbonato.
L’importante poi e che abbia una stazza che sia uguale all’altra: ma sugli IMS e CHS hanno regole particolari, dove sarà valutata ogni singola cosa.
Nel Meteor c’è, invece, una cosa diversa, cioè si tende, per quanto possibile, a tenere le barche più uguali possibili.
Dato che avevano trovato questa “magagna”, di fare i portelli strapesanti per concentrarli al centro ed evitare di mettere il peso a prua e poppa (per barche sottopeso – n.d.r.), allora si è avuta la regola del peso massimo: ma, non c’è, invece, un peso minimo, per cui, sostituendoli, (anche i portelli dei gavoni), si possono risparmiare altri 4 chili, per cui ho già eliminato (4+3) sette chili.
C’è un altra cosa che capita, spesso anche a me: di rompere il passauomo di prua, perché il prodiere col suo peso lo spacca col piede. Allora, invece di andarlo a comprare, molti pensano di dargli una “resinata” . Così facendo, però, si mettono circa 2 chili in più e, soprattutto, del peso alto in coperta!
Allora dovendo sistemarlo faccio un colpo di telefono al cantiere e ne ordino uno nuovo, tra l’altro oggi fatto infrangibile.
Io sono stato su tre barche, ovvero Magia, PlayBasket, (oggi Gattonero – n.d.r.) e poi Jeena: su Jeena non ho fatto niente perché la barca non aveva problemi di peso e quindi l’ho lasciata così com’era, anzi ho dovuto mettere un piombo al centro, perché ero sottopeso, come detto.
Per i remi, altro esempio, ho preso quelli in alluminio che, da una parte, hanno anche la gaffa, per cui mi sono risparmiato il peso della gaffa singola ed il peso dei remi in legno (che pesano 7 chili contro 1 degli altri in alluminio).
(Uno dei presenti vuole capire quanto questo risparmio di peso incide in termini percentuali sulla prestazione della barca in regata – n.d.r.)
Tenete presente che, ad esempio, sulla linea di partenza è facile dirvi di partire in boa quando lì è il lato buono: non stiamo parlando di tattica oggi.
Ma se, ad esempio, con una linea di partenza messa bene al vento, con barche disposte a partire tutte con mure a dritta, io dicessi: “Chi è che va a vincere, se non ci sono salti di vento?”.
Andrà a vincere quello che uscirà per primo dalla linea, in base alla regolazione delle vele, l’assetto dello scafo… con il timoniere bravo, l’equipaggio altrettanto……
Io sostengo che il timoniere bravo fa solo il 33% sulle barche vincenti, (il 25% se siete in quattro), perché è tutto l’equipaggio che collabora sempre alla vittoria.
Se voi sentite il mio equipaggio, a bordo, lo sentirete parlare della velocità delle altre barche, e di frasi tipo: “Arriva la raffica, ….onda, ….stai andando troppo stretto,….. mi sento lento, ….acceleriamo…. “.
E’ tutta una collaborazione e questo, magari, è molto più importante delle “piccolezze”: però io posso avere anche l’equipaggio migliore, ma se la barca non riesce ad accelerare, in questa situazione di partenza, io rimango “infognato” dietro, ad esempio, ad altri due. Se poi gli altri due sono andati avanti, e io provo a virare, per levarmi dai loro rifiuti, avrò altre barche a cui dovrò cedere il passo, poggiandogli dietro, e avrò perso ancora di più… e sto facendo l’esempio soltanto della partenza, ma in ogni occasione questo discorso vale.
Io me ne sto rendendo conto di più, ora, facendo le regate match race, perché queste regate sono cortissime e durano pochissimo, durano al massimo venti minuti: Voi non riuscireste ad immaginare, in venti minuti, quali distacchi si riesce a dare, tra chi in barca sa andare e chi invece no…..
Eppure si vince o si perde sempre per una “piccolezza” …..
Io sono arrivato al campionato nazionale assoluto di match race e sono arrivato quinto: perché? Perché mentre andavamo di poppa, con vento forte, mi si è aperto lo strozzatore della drizza dello spinnaker: è una “piccolezza”. Poi, sentendo Roberto Ferrarese, mi ha detto che Lui lo passa attraverso due strozzatori: ho continuato ad imparare un altra cosa. Se anche io avessi avuto questa “piccolezza” magari sarei andato alle semifinali e almeno mi sarei piazzato al quarto posto, piuttosto che un altro risultato a cui non voglio neanche pensare.
Immaginate quante “piccolezze” ci sono ……
Proprio perché partiamo dal presupposto che qui io non ho davanti dei professionisti, e non lo sono neanche io, per amor del cielo, oppure si sta parlando con gente che inizia a far regate ora, se inizia già col piede giusto è già ben avviato.
Da cosa posso iniziare? Non posso iniziare a parlare di cose tecniche, anche se poi ci arriviamo, ma spero di concentrare tutto il tempo che abbiamo per darvi più nozioni possibili: all’albero ci arriviamo.
Per esempio io faccio le vele con Montefusco, ma io non ci guadagno niente soltanto mi fa un prezzo di favore perché sono un suo portacolori, tra virgolette; quando la gente mi dice: “Voglio comprare delle vele” (a parte quelli che le comprano usate da me, vero Massimo?), io dico chiama direttamente Montefusco, se vuoi faccio io la telefonata, per farti dare la raccomandazione – diciamo così – , però io con Montefusco non ci guadagno nulla e non sono un velaio e quindi le mie conoscenze, tra l’altro, sono sempre limitate rispetto ad altri. Io gli posso dare la “dritta”:abbiamo visto che ci riesce meglio uscire così, fammi la vela più grassa o più magra, fai così, fai colà…. Però, voglio dire, sono delle cose che arrivano dopo.
La gente mi chiama e mi dice: sali in barca e metti a posto l’albero. Io salgo in barca guardo l’albero, poi do un’occhiatina sottocoperta e vedo….. un disastro…..
“Fratello mio, io ti metto pure a posto l’albero ma se tu continui ad andare con il motore ad estrema prua e con l’ancora a poppa, hai voglia a mettere a posto l’albero”……..: la barca non camminerà.
Queste sono le cose più importanti perché le vele, possono essere le migliori, l’albero può essere messo a punto dalla persona più brava …ma se hai le scotte “molli”, i pesi mal distribuiti, e la carena con le cozze sotto ….. Buonanotte.
Per rispondere, perché è anche importante, alla questione membri di equipaggio, se il meteor non fosse così piccolo, tanto da dare le gomitate agli altri, regaterei anche io in quattro.
Perché tenete presente che in tutte le classi veliche c’è sempre un limite superiore del peso, non inferiore. Cosa vuol dire questo? ……….e non sono soltanto io a dirlo: che da vantaggio avere un peso maggiore.
Certo, se tu ti trovi in bonaccia, con onda morta, e via dicendo, il peso superiore ti “ammazza”, sicuramente.
Ma è talmente importante avere peso sopravvento, quindi peso attivo, che è conveniente alle stazze, in tutte le barche, dare un peso massimo: e questo il Meteor non ce l’ha!
Certo! Se tu ti carichi cinque persone a bordo, la barca si “siede” completamente: forse per questo il Meteor non ha un peso limite; infatti a Trani ho visto equipaggi di tre persone mentre l’anno prima, a Garda, la stessa barca aveva quattro persone, proprio perché a Garda prevedi di avere più vento. Io stesso ho pensato di imbarcare qualche ragazzino dell’Optimist o, comunque, qualcuno che mi desse quei 40 – 50 chili in più, che potevano essere importanti.
Sono stato indeciso fino all’ultimo momento.
Quindi una cosa è il “Peso Attivo” e una cosa è il “Peso Passivo”.
Il mio primo vero Campionato Italiano di Trani (nel 1991 – n.d.r.), dove avevo l’idea di poter riuscire a vincere il Campionato, dissi ai ragazzi (- pazzia che non abbiamo mai più ripetuto – ) che l’acqua da bere, anziché metterla in sentina, la teniamo ciascuno in una bottiglia, all’interno di un bel marsupio in grembo: poi, magari, quando andavano a fare le manovre, questo marsupio era fastidioso ed ingombrante tanto da buttarlo in sentina, con le loro bestemmie ….
(Uno dei presenti polemizza sui controlli di stazza nei Campionati Italiani dove una barca che regatava in quattro è stata poi vista regatare in tre in altre prove – n.d.r.)
Io vi do la mia esperienza di regatante e di giudice di regata, perché sono anche giudice di regata.
Tenete presente che siamo tutti “uomini” e, quindi, come ci sono buoni professionisti regatanti, ci sono buoni giudici e viceversa.
Può capitare che lo stazzatore, o il Presidente del Comitato di Regata, non si renda conto che prima c’erano quattro membri di equipaggio e poi, il giorno dopo, erano in tre.
Però io vi posso assicurare che, se voi vi soffermate su questo tipo di discorso, rimarrete a lottare per il 25° o il 24° posto: con questo non voglio dire che la regata è fatta soltanto dai primi sei. Però se voi vi mettete li a pensare soltanto a questa cosa qua, voi non otterrete un vantaggio per la sistemazione della vostra barca: se poi quello ha truccato la sua barca, vorrà dire che avrà vinto il Campionato perché ha truccato. Sono fatti suoi, a me non me ne deve fregare niente. Io devo vincere la mia regata con i miei metodi. Per cui se vi capita di vedere questa infrazione andate a vedere sulla bacheca dell’Albo Ufficiale, perché potreste vedere che, magari, quel ragazzo si è spaccato la testa e il giudice gli ha impedito di proseguire le regate, facendo scendere a tre i membri di equipaggio…..
La polemica sterile non serve a niente per cui, per esempio, andate a chiedere al giudice le motivazioni di quel cambio di equipaggio.
(Uno dei presenti chiede di ritornare agli argomenti relativi ai pesi e alle regolazioni. Nello specifico si chiede la posizione del motore al variare dell’intensità del vento o se non convenga lasciarlo centrale per tutta la regata – n.d.r.)
Il segreto per vincere la regata è: semplificazione al massimo delle manovre.
E’ un mio pensiero fisso, confermato dai grossi nomi della vela con cui ho avuto la fortuna di stare a contatto. Per esempio ho avuto al fortuna di stare a contatto con Enrico Chieffi.
Enrico Chieffi, l’ho conosciuto perché ci ha venduto un Soling, a me e Luciano Montorfano, tra l’altro lo conoscerete perché è stato campione italiano meteor per due volte (su Zefiro nel 1993 a Castiglione del Lago e nel 1994 ad Acropoli – ndr).
Lui ci ha venduto questo Soling, che era il massimo della semplificazione: i soling sono famosi per avere tutte quelle “tastiere” con varie regolazioni e funzioni che, ….. solo a guardarle, ti perdi perché poi stai a pensare a suonare il piano anziché fare la regata.
Allora se tu metti il motore al centro, non è che all’aumentare del vento, vai sotto a cambiare la sua posizione.
Il motore pesa 15 – 20 chili: per cui se tu sposti la gamba del tuo prodiere un po’ più avanti, verso prua, hai già ottenuto lo stesso risultato.
E torniamo al solito discorso di concentrare i pesi verso il centro.
(Uno dei presenti chiede l’assetto con vento forte sotto spi – n.d.r.)
All’interno della barca non sposti più niente. La barca mia, all’interno, rimane sempre uguale.
Per quanto riguarda, invece, la posizione dell’equipaggio, dipende…..
Tenete presente che, io, con vento forte, cerco di andare il più poggiato possibile, con il braccio completamente cazzato, il tangone a squadra con la barca: questo cosa fa?
Crea un effetto di sbandamento in più alla barca…..
Lo spinnaker fa così (disegno alla lavagna – ndr): ha un effetto di sbandamento in questo senso (sopravvento ndr) che la randa non riesce a compensare; per cui faccio mettere il prodiere sempre a centro barca, però sul lato che dovrebbe essere sottovento, (dietro la randa a compensare), e poi i due uomini dritti in piedi, uno dietro l’altro, molto vicini, perché è importante così anche il colloquio con il tailer.
Tenete presente che, andando molto poggiati, c’è la possibilità di fare la strambata se salta il vento. Così come si bordeggia di bolina e ci può essere un salto del vento favorevole ad andare in un senso o nell’altro, così potrebbe essere “buono” strambare sulle altre mure.
Se io vado di bolina e ho uno scarso di prua, la barca che si avvantaggia è la barca che sta più avanti (schema eseguito con le mani – ndr).
Così è andare di poppa: se io ho uno scarso, in questo senso, si avvantaggia chi sta avanti, che potrebbe allora strambare subito (schema eseguito con le mani – ndr).
Per me, quindi, è importantissimo “sentire” il più possibile il tailer: soprattutto se c’è vento forte e c’è onda. Tra le onde, a livello medio e molto basso, c’è un continuo salto di vento e quindi, io, cerco di andare il più poggiato possibile: quando vedo che la barca tende a strapoggiare, in quel momento, dico al mio prodiere: “Stramba”, e lui, che gia sta seduto sulla tuga, prende, sopra la sua testa, il tangone e stramba velocemente.
Il refolo, che è così girato, lo prendo subito, per “scendere” più velocemente vicino alla boa.
Per cui, come vedete, il peso è anche importante, ma il perché io sto in piedi è perché, io, penso che così riesco a governare meglio la barca (sposta il peso alternativamente su uno dei due piedi per indicare la compensazione al rollio – ndr): io ed il mio tailer, che mi sta esattamente davanti, ci parliamo sempre di continuo, (molte volte la barra la tengo addirittura alzata sulla schiena) perché se, per esempio, arriva la refola, o un’onda che mi tira in giù, io do, con il mio timone tenuto dietro, (sposta il peso tutto sulla sua destra – ndr), insieme al mio tailer, con mure a dritta, una “pedata” a destra, così che la barca strapoggia, prende l’onda e scende……
Ecco perché sto in piedi. Non per una questione di assetto: è più importante la conduzione della barca, non sto pensando all’assetto. Probabilmente Antonio, il prodiere, a prua e così in alto, non so se sta bene…… Ma vuoi mettere che, appena arriva la raffica, anziché andare in strapoggia, e quindi dover io correggere andando all’orza, in quel momento io dico: “Stramba”, e Lui, senza alzare il sedere da dove sta, prende e stramba.
E’ anche importante che Lui sia davanti l’albero (leggermente sottovento), in quanto, se sono ingaggiato di poppa, un paio di strambate mi potrebbero permettere un interno in boa, per esempio.
Il Meteor è una deriva, un derivone.
E’ importantissimo il peso, la conduzione, eppure, avendo degli angoli così ampi di bolina, le virate, in quanto si guadagna tantissimo sugli scarti di vento….
(Uno dei presenti chiede l’assetto dell’albero – n.d.r.)
Prima di passare alla disposizione dell’albero voglio soffermarmi su un altro argomento.
Per quanto riguarda la disposizione dei pesi, avete capito: concentrare il più possibile il peso più in basso possibile, tenendolo fermo, coprirlo con cellofane, con scotch, in modo che non si imbroglino le scotte.
La carena
Passiamo alla Carena.
Io ho visto, facendo delle regate con dei Meteor, una barca di Trani che in carena aveva un “bubbone”, una sporgenza che conteneva l’elica del log.
Prima di tutto il log può essere utile: ma Voi volete mettere il freno (che fa questo “bubbone”, qua sotto) alla velocità della barca?!
L’antivegetativa, per chi ha la barca in acqua, va bene, ma attenzione!.
L’antivegetativa (che potrebbe essere rifatta nuova a ridosso dei Campionati Italiani) deve essere lisciata, perché, se la sua superficie non è più che liscia, si creano tutte turbolenze.
Il Bulbo
Lo stesso vale per il bulbo.
Per esempio, a prua della sua attaccatura, ho sempre avuto una spaccatura con un rigo di ruggine.
Non mi è mai importato della sua formazione, dovuta alla vibrazione del bulbo.
Gli altri stavano ore ed ore a cercare di eliminarla ma io preferivo dedicare il tempo a lisciare tutta la carena, anziché eliminare tale spaccatura, che uscirà sempre.
Questa micro spaccatura qua del bulbo ti darà una micro – micro turbolenza, ma vuoi mettere con le turbolenze di tutta la carena? !
Stai invece a lisciarti completamente la carena e vedrai che la barca cammina!
Il Timone
Un’altra cosa che ho visto sempre sul Timone.
Sul 95% dei Meteor il timone “balla”.
Voi non immaginate che cosa significa la perdita di velocità, su un timone che “balla”: con tale termine intendo che fa un certo “gioco”, non è rigido e ricordo, abbiamo detto, che Rigidità è uguale a Velocità.
Ci sono due punti in cui può “ballare” il timone:
- può ballare nella “testa”, ed il problema è meno grave, in quanto diventa un problema di conduzione; infatti se io, quando c’è vento leggero, muovo leggermente la barra con due dita, se il timone non è rigido, il mio movimento non sarà percepito dalla pala. Quindi basta serrare i perni del timone sulla testa, ovvero, se sono viti autofilettanti, fare un foro per mettere perni passanti, per irrigidirlo.
- sulle “femminelle” c’e da fare questo tipo di lavoro: Antonio (che è un “precisino della situazione”) prende dei pezzi di nylon (o di teflon, anche se costa di più) e li porta dal tornitore con la femminella. Qui si fa fare tanti cilindretti cavi (almeno 5) con diametri diversi di pochi micron, con misure prese all’esterno (quello che andrà attaccato alla femminella) ed all’interno (quello che andrà a contatto con il perno dell’agugliotto).
Se voi mi avete visto montare il timone sul mio Meteor avrete notato che io ho una mazza ed un pezzo di legno, perché do tanti colpi sulla testa, in quanto non entra facilmente: per tirarlo fuori è sempre un grande sforzo. State sicuri che in questa maniera il timone potrà andare appena duro (non lo fate tanto duro perché altrimenti non vi sente). In questa maniera io cerco di eliminare quanto più gioco possibile, proprio perché il timone rigido fa la barca veloce.
E questo molto di più e molto più frequente che andare ad allineare il timone ed il bulbo, che molto spesso non sono proprio in linea: la rigidità del timone è più facilmente realizzabile ed è meno costosa, mentre, nel caso di bulbo e timone non allineati, è più facile cambiare barca che “raddrizzare” un bulbo.
Su “Magia” il timone era sfalzato di metà bulbo e quindi l’abbiamo raddrizzato, ma che lavori….; perché sono otto fori da rifare (sullo specchio di poppa) ma se sotto, sulla punta del timone, l’allineamento può essere diverso di pochi centimetri fuori asse, sopra lo sfalzamento dei fori di attacco è di pochi millimetri!!!
(Si riprende dopo una pausa)
Le Scotte
Una altra cosa Vi vorrei dire prima di passare all’albero.
E’ la questione delle scotte.
Vi do soltanto un accenno.
Se volete spendere due soldi spendeteli in scotte: perché ho visto, ad esempio, scotte del genoa grosse così (chiude indice e pollice – ndr), che non passano facilmente attraverso i bozzelli ed in ogni virata c’è una perdita di “acqua”. Non vi dico di mettere la scotta da “sei” alla scotta della randa, perché non va bene: per la randa va bene anche un prestirato, un po’ grosso e peloso, che sia anche confortevole in mano.
Però quando iniziamo ad andare alle scotte del genoa, anche se queste tirano tanto quanto la distanza dalla bugna al bozzello, (fino però agli strozzatori del pozzetto), mettiamo, ad esempio, non dico, il top del top dello spectra, ma almeno un prestirato buono.
A me piace, certe volte, quando entro in un negozio e trovo una scotta buona, a un buon prezzo, comprarla: quel che ci farò si vedrà ma intanto la compro.
Quindi comprate scotte buone.
Il Paterazzo
Altro esempio: parliamo del paterazzo.
Sono salito molte volte su barche in cui il paterazzo, regolabile, ha una corsa cortissima, sul lato opposto al golfare: magari ho visto anche che ci sono tanti rinvii di quelli, diciamo, “paralleli”, che poi lavorano sempre male (perché in uno c’è più tensione di altri in quanto si esercita più forza) ……; inoltre con uno strozzatorino stupido, la scotta maxi-elastica……… a quel punto il paterazzo l’avete o non l’avete è la stessa cosa, in quanto fa pietà un paterazzo così.
Allora molte volte vi conviene tagliare il cavetto d’acciaio doppio, quello standard (V rovescio – ndr) all’altezza della puleggia (vicino al terminale del cavo d’acciaio unico del paterazzo – ndr) ed inserire un bozzello (rifacendo una buona impiombatura) per fare il paterazzo”a cascata”, che a me piacciono tanto……
Cioè metto la prima scotta con un bozzello, la seconda con altro bozzello, la terza con altro bozzello … questo sistema lavora molto meglio, perché lavora sempre in linea: poi ci metto uno spettra molto grosso, e via dicendo, fino ad arrivare ad uno spectra da 4 mm che è quello che sarà usato.
Cambiando mura la tensione sarà uguale perché il cavo unico del paterazzo è sollecitato dal sistema su bozzelli che scorrono.
Il paterazzo è una manovra importante per cui deve essere regolabile facilmente, dallo stesso timoniere, sia che stia mura a sinistra che a dritta. Sulla mia barca ho fatto in modo da rinviarlo su ogni lato, con dei bozzellini, in modo che gli strozzatori siano aderenti alla panca e sotto le gambe (davanti il trasto – ndr), sia da una parte che dall’altra.
L’albero
Regolazione dell’albero.
Partiamo da zero.
Tutti i Meteor, come diceva giustamente Incarbona, sono diversi specialmente per quanto riguarda l’albero: non per questo non devo cercare di renderlo competitivo.
La prima cosa che dovete controllare è la piastra che sta sulla tuga.
Di questa piastra, anche se comprate un Meteor nuovo ora – perché il cantiere dire che è artigianale è dire troppo – dovete controllare l’inclinazione.
Se è inclinata in questa maniera, verso prua, l’effetto sarà che l’albero, messo a riposo, sarà inclinato verso prua. (disegni – ndr) .
Se invece, al contrario, la piastra è inclinata verso poppa, l’albero andrà verso poppa.
Questi sono i due limiti.
Orbene come si porta l’albero?
Verso poppa? Be’ l’albero più appioppato…. ci sono delle teorie che …..
Molti mi chiedono del rake? Ovvero la distanza che c’è tra la testa dell’albero e lo specchio di poppa (ovvero la misura tra verticale della testa dell’albero e la sua trozza, presa lungo il boma – ndr).
Mi domandano “Quanto è il rake?” ed io rispondo “ Boh?” Per dirvi quanto scientifico sono io.
Ma il mio metodo ce l’ho ed è questo, venendo al sodo.
Sono partito da un taglio di genoa, che non abbiamo mai modificato, tranne qualcosa, con i dovuti parametri, confrontando un genoa con un altro. Se questo genoa lo inclino all’indietro (disegni – ndr), ovvero inclino indietro la testa dell’albero, arriverà un momento che diventerà così, fino a quando la bugna di scotta arriva in coperta, sul bozzello.
Il mio metodo qual è?
Ho una vela che è triangolare, con una inferitura, una balumina ed una base.
Se io vado con l’albero più a poppa, significa che io allungo lo strallo e lo piego più indietro, per cui, in questo caso, si abbasserà tutto, ed il genoa ruota andando in giù (con rotazione sul punto di mura fino a quando la bugna di scotta arriva in coperta – ndr).
Ecco, praticamente, la mia misura dell’albero è appruare o arretrare l’albero in maniera che cazzando al massimo il genoa di bolina, con vento forte, quando l’albero non è più dritto ma avrà una preflessione, (per cui si abbasserà di poco in testa ed andrà più indietro e via dicendo ma comunque tirato al massimo), la bugna non mi deve mai entrare dentro al bozzello.
Il mio genoa è sempre rimasto quello.
Da quando ho iniziato a fare le vele con Montefusco, (e sono un bel po’ di anni), la vela, vista da fuori, è sempre rimasta quella. Oppure se abbiamo modificato qualcosa ne ho tenuto conto.
Come ad esempio, se entriamo nel tecnico, se si alza la bugna, siccome la misura della lunghezza della base è questa qua fissa, si riesce ad andare con la bugna un pochino più verso poppa (disegni – ndr); è vero che diminuisco leggermente la superficie, ma, è anche vero che io avrò una maggiore larghezza tra l’inferitura ed il nuovo taglio della balumina (posizionata quindi più a poppa – ndr).
Il che significa che avrò maggiore sovrapposizione con l’albero e quindi maggior potenza.
Abbiamo provato a fare questi spostamenti: però quando l’abbiamo fatto mi sono regolato di conseguenza. Poi, siccome non c’è niente di scientifico, mai, abbiamo provato prima così, poi abbiamo provato a cazzare le sartie …
Per cui alla domanda “come porti il rake?” rispondo “Che ne so? Può cambiare da un momento all’altro”.
Vi potrei dare una misura diversa dall’altra.
Addirittura quest’anno, non so se ci avete fatto caso, noi l’abbiamo misurato perché sembrava che io non lo volessi dire: però se io Vi do questa misura dice poco, perché bisogna vedere che vele hai, bisogna vedere la posizione della piastra dell’albero …..
Quindi è troppo aleatorio dare una misura del rake, perché dipende da tanti altri fattori ed ecco perché conviene ripartire quindi da zero.
Partiamo da questo zero. Abbiamo detto che ci sono due limiti: albero appruato e albero appoppato.
Teoricamente il fatto che l’albero sia tirato indietro potrebbe essere già buono, se io preferisco portare l’albero appoppato. Non è così! Per come la vedo io.
Dobbiamo analizzare come è fatto un albero di un Meteor.
L’albero di un Meteor è, ipotizziamo, una linea dritta: indico (disegna – ndr) con lo zero la base, con uno il punto dove stanno le crocette e con due la sua testa.
Le crocette sono acquartierate indietro. L’attacco delle sartie è acquartierato indietro.
Praticamente, come lo definisco io, abbiamo l’albero del Meteor come due triangoli sovrapposti.
Ho cioè un triangolo “basso”, formato dalle sartie basse più lo stralletto di prua, ed un triangolo “alto”, rappresentato dalle sartie alte e dallo strallo di prua.
Il paterazzo è un “affare” in più…….. e già iniziate a capire quanto può essere importante o poco importante: nella regolazione dell’albero, in se e per se, io lo vedo poco importante.
Vediamolo dall’alto (disegna – ndr).
Le crocette per il momento le leverei, per semplificare le cose, per cui abbiamo un triangolo “piccolo” (sartie basse – stralletto) ed un triangolo “grande” (sartie alte – strallo).
I lati del triangolo sono tutti “attaccati”, ovvero, se do tensione allo strallo, automaticamente do tensione alle sartie alte, perché tiro l’albero in avanti.
Stessa cosa per lo straletto: se do tensione allo stralletto, automaticamente, do tensione alle basse, perché è un triangolo collegato.
Facciamo ora un ragionamento, come ho fatto io, molto elementare, proprio perché ho voluto semplificare molto le cose.
Partiamo dal presupposto che voglio tenere l’albero, diciamo, dritto: dritto, significa, che, rispetto al pelo dell’acqua, deve essere perpendicolare.
Più o meno, perché le misure che si fanno, lasciano il tempo che trovano, in quanto posso avere la barca un po’ più appruata di peso, od un timone più o meno pesante……
Io parto da un principio. Poi vedo come va: se vado meglio, continuo, se vado peggio, torno indietro.
E’ da ammattirci……., però io voglio spiegarvi come la penso e, così, poi ci arriviamo.
Parto dal principio di avere l’albero dritto.
All’albero ci metto lo strallo e le sartie alte, togliendo, mentalmente, le crocette per semplificare.
Do tensione allo strallo e, poiché l’albero rimanga dritto, devo dare la stessa tensione alle “alte” e vado avanti così……
Ora vi dico come la pensavo prima.
Prima, perché ci avevo ragionato da solo e con un altro, che per me era molto intelligente e un grande conoscitore della classe Meteor, (Luciano Montorfano, mio grande amico) avevo detto: “il Meteor è una “porcheria” di barca, che va condotta molto bene”, tanto è vero, che io ho visto “salire” anche nomi grossi (velisti di valore – ndr) sulle nostre barche ma il Meteor non sapevano condurlo.
E’ una barca con l’albero che “sbatte”.
Perché è facile dire la teoria: “con vento leggero dobbiamo tenere più catenaria”……..
Sapete cos’è la catenaria? E’ la flessione dello strallo, rispetto alla sua linea geometrica, dovuta alla pressione della vela.
Lo strallo dovrebbe essere dritto, teso, rigido.
Il fatto di dare poca tensione allo strallo, questo, sotto l’azione del vento sul genoa, si incurva sottovento. Siccome la vela è fatta, teoricamente, per avere lo strallo dritto, andando in “flessione” lo strallo, si accorcia la distanza della corda ed aumenta la freccia della curvatura della vela, così che, in questa maniera, diventa più grassa.
Teoricamente quando c’è poco vento io dovrei avere più catenaria.
Tenete presente che in certe barche è esasperata questa cosa: sulla star e sul soling ci sono catenarie enormi perché hanno un fiocchetto piccolo, che devono ingrassare.
E’ pur vero che loro hanno molte più regolazioni, mentre sul Meteor noi abbiamo soltanto due regolazioni (strallo e sartie), semplificando, il triangolo “grande”.
Se io devo diminuire la tensione dello strallo, significa che devo dare anche poca tensione alle sartie alte: significa che, se io vado, per esempio, sul lago Trasimeno, quando c’è poco vento (e quindi, quando c’è poco vento c’è anche poca onda), vuol dire che l’albero non mi “sbatte”.
Ma se io ho un po’ di onda l’albero inizia a muoversi tutto, ed il genoa, non è teoricamente più grasso, perché gli ho dato più catenaria, ma diventa una vela in continua turbolenza, che il vento non lo prende più.
Allora, partendo da questo presupposto, abbiamo detto: “Blocchiamo l’albero. Teniamolo fermo”.
E la sono partite le tensioni altissime che davamo all’albero.
Perché pensavamo: l’albero più rigido, rigidità uguale velocità, allora: albero bello fermo che va bene così.
E quindi ad un certo punto siamo andati anche veloci, andavamo molto veloci.
Finché poi non è venuto uno, era Enrico (Enrico Negri – ndr), che ha tirato fuori questa nuova teoria: anche per Lui era una sperimentazione, che tra l’altro provò al mach race del Trasimeno. Qui abbiamo avuto un vento fortissimo e Lui aveva un passo eccezionale. Alla fine Lui disse semplicemente di essere venuto per provare questa nuova regolazione e di essere molto contento.
Io persi, grazie a Lui, il mach race in finale e subito dopo, vista la sconfitta, visto il passo che aveva Lui, elaborando e parlando con altre persone, io e Luciano, siamo arrivati al dunque di cambiare questa regolazione.
Ma non ci arriviamo al dunque, rimaniamo sul discorso elementare.
Il principio elementare, che dovrebbe portarvi ad una migliore regolazione, di quella che forse avete, è, quindi, quello di avere tutto il più fermo possibile.
Teniamo conto che, quando do tanta tensione, può succedere che, a parte l’effetto spiacevole delle fiancate che rientrano, (che può essere più o meno accentuato a seconda della rigidezza della barca) abbiamo anche una flessione dell’albero (sorta di carico di punta – ndr) perché, come l’arco, più tiro più si flette.
Più tiro, più tiro,…. più l’arco si flette….
Cosa succede?
Se io inizio a dare rigidità o lo tengo così flesso, e non penso minimamente al “triangolo basso” (quello delle sartie basse e dello stralletto), l’albero così “arcuato” ci stà, ma, come capita, potrebbe anche andare in controflessione, ovvero l’albero arcuato al contrario.
Perché quando c’è pressione la randa “tira” e si tira l’albero dietro.
Quindi si ha l’effetto spiacevolissimo che con vento forte, quando invece la randa dovrebbe essere magra, va a finire che diventa grassa e questo “sacco”, certamente, non mi fa fare più di 50° di bolina…..
Allora qui arriva il punto zero, la base.
Se ho le sartie in tensione, come le sartie basse, dato che queste vanno indietro, verso poppa, invitano l’albero ancora più indietro e, ancora di più, ci sarà la controflessione di questo.
Allora cosa faccio?
Metto uno stralletto potentissimo, che mi “sradica” la coperta……..e allora si rinforza “sotto” (con un tirante sottocoperta n.d.r.): se non c’è il rinforzo, fatelo, perché si irrigidisce il tutto, dalla coperta al baglio, con un cavetto d’acciaio: le barche nuove ce l’hanno di serie.
Ma questo stralletto, così potente, mi potrebbe spaccare tutto.
Possibile che devo avere uno stralletto così forte?
Soluzione: se Voi avete la base dell’albero inclinata verso prua (e qui sta a Voi realizzarla, mettendoci magari uno spessore sotto), l’albero è gia inclinato, dritto, in avanti.
Io, sulla mia barca, ho limato un pochino l’attaccatura prodiera del piè d’albero (ovvero la parte prodiera della miccia che si appoggia nell’incavo della scassa, n.d.r.), così che, inserito il bullone centrale di fermo, l’albero (dritto e privo di tensioni), sia inclinato leggermente con la “testa” in avanti, verso prua.
L’albero così andrà, di suo, in avanti; poi, io, con le sartie alte, lo tiro indietro, gli do una certa preflessione in avanti, che, poi, “recupero” con le sartie basse.
Quindi lo riporto dritto, perché l’albero deve stare, a “riposo”, “dritto”.
In questo caso lo stralletto non c’è proprio, perché io riesco a dare tensione all’albero (e quindi tenerlo fermo), con l’albero in avanti, tirato indietro, già preflesso, e con le sartie che lo tirano indietro.
Per questo abbattimento in avanti dell’albero si tratta, ovviamente, di leggerissime posizioni: iniziate con pochi millimetri e poi, man mano, andate avanti a provare.
Questo discorso qua lo fate, ovviamente, dopo aver pulito la barca, il timone, i pesi ……, anche perché è un criterio fare questi tentativi ed io, li ho fatti in tanto tempo, tanto tempo, tanto tempo…. Poi sono arrivato con la barca veloce e oggi non vado quasi più sul Meteor, perché la mia barca mi sembra veloce…..Non ho voglia di cambiare niente: certo, potrò fare una vela un po’ più potente, se si tratta di andare a mare, dove lì notoriamente c’è onda e c’è poco vento …ma più o meno le regolazioni sono quelle ….
Certo. Se vedo un’altra barca che va più veloce, cerco di capire: “Come mai quella va più veloce?”.
Torniamo alle regolazioni.
Queste sartie quanto devono essere tirate?
Mi dicono: Quanto le “porti” le “basse”? Quanto c’hai il piede dell’albero?
Come vedete a tutte le domande che Voi mi fate, in termini di tensione, io che cosa dovrei rispondere?!
La sartia bassa sta tirata tanto quel basta che mi serve per riportare l’albero “dritto”.
Io ho fatto dei tentativi, ho trovato la barca veloce e mi sono fermato: se voi insistete a fare dei tentativi e mettete l’albero notevolmente inclinato in avanti, può darsi che avrete una barca decisamente più veloce della mia, o molto meno veloce della mia.
Tenete presente che questo discorso non è che l’ho inventato io.
Questo discorso è quello che sulle barche “grosse” si fa quando c’è l’albero “passante”.
Quando c’è l’albero “passante”, sulla mastra, si mettono delle “zeppe”, per la preflessione.
Io, non avendo l’albero passante, ho pensato: come posso dare questa preflessione?
Allora ho pensato di limare la miccia ….
Lo stralletto.
E qua rispondo alle Vostre domande.
Come porti il paterazzo con vento leggero?
Come porti le sartie con vento leggero?
Come porti lo stralletto?
Lo stralletto ti è utile?
Con vento leggero io porto l’albero il più dritto possibile, senza stralletto, perché, come avete visto, il mio stralletto è “spezzato” in due.
(lo stralletto vero e proprio e una ritenuta che lo tira indietro, sia per cazzarlo potente che per portarlo a ridosso e lungo l’albero – n.d.r.)
Lo stralletto c’è perché è una manovra importante.
Con questo, che sta lungo sull’albero, non ho difficoltà a far virare la vela, quando c’è vento leggero, perché davanti trova tutto lo spazio libero.
Lo stralletto infatti non ce l’ho d’acciaio, ma in spectra, bello grosso e resistente.
Ma al mach race, di questo anno, l’ho spaccato: ecco la regola di cambiare le cime e tenere la barca curata.
Per fortuna lo spaccai alla prima regata…..
Ho quindi uno spectra, molto potente, con un rinvio singolo (non demoltiplicato – ndr) che arriva in pozzetto, per dargli la prima tensione, e, poi, ho un grosso rinvio al piede dell’albero: il primo rinvio, glielo do semplice, il più forte possibile a mano; la tensione più forte gliela do cazzando il secondo rinvio.
Mi fa quindi una “spezzata” che è un invito a far passare il genoa nelle virate, ma è comunque molto potente.
La mia regolazione è: quella “normale” (la posizione “due”), quella della posizione “uno” e quella dello “zero” assoluto.
E’ chiaro che se devo lavorare nella posizione “uno”, a parità di tensione sulla scotta, ho molto meno trazione, per tirare in avanti l’albero, della posizione “due”.
La regolazione dello stralletto allora è “zero” assoluto, quando lo richiamo tutto, per cui mi apre il triangolo a prua.
Questa regolazione la tengo, comunque, sempre in tensione al massimo, perché se passa la vela, in virata, e trova lo stralletto in bando, la vela si ferma: se, invece, l’ho sempre in tensione, avrò meno forza di tiro sull’albero in avanti, ma il davanti è libero e, comunque, il tutto è rigido.
Poi la regolazione “uno”, portandolo a metà del triangolo massimo, la faccio sempre portando la manovra del rinvio alla massima tensione; la regolazione “due”, con vento molto forte, la faccio sempre portando la manovra del rinvio alla massima tensione.
Lo stralletto è molto, molto, demoltiplicato, grazie soltanto al paranco del 2° rinvio.
Posso regolare lo stralletto sui due lati della tuga, con le “macchinette”, perché sul mio Meteor non ci sono winch.
Per le tensioni da dare allo stralletto (o ad altro) guardo solo le vele: se vedo che la vela deve essere smagrita, allora, cazzo un po’ di più…. non ho altri parametri che guardare solo le vele.
Guardo solo le vele.
Lo spectra finale è da 4 mm, mentre lo stralletto è in spectra, da 10 mm, esterno: deve essere potentissimo perché altrimenti si spacca, in quanto ha tensioni altissime.
Le Sartie Basse
Dicevamo che una volta che l’albero è presso flesso in avanti, con le sartie alte, lo potrò tirare indietro con le sartie basse.
Mentre prima avevo una mia regolazione “fissa”, oggi, ho due regolazioni.
Pensavo a tre, poi ho visto che sono sufficienti due regolazioni dell’albero e lavoro solo sulle “basse”.
Sempre per il discorso di semplificare.
Quali sono queste due regolazioni?
Un giro e mezzo in più o in meno alle sartie basse.
Le “Alte” non le tocco.
Sempre per il discorso di semplificare, perché, altrimenti, stai sempre a “lavorare” sugli arridatoi delle sartie, vai fuori di testa e non pensi più alla regata.
Invece questa è una cosa veloce da fare, prima della partenza, a seconda del vento.
Ricordate che bisogna lavorare sempre sui “triangoli”.
Tenete presente che la sartia bassa “tira” indietro: è come se fosse una “volante”.
Le volanti.
Io quando ho iniziato ad andare in regata, iniziai anche sulle barche IOR.
Si diceva allora: “C’è vento forte! Cazza la volante, che così teniamo più fermo l’albero!!!”
Niente di più sbagliato: non era la volante da cazzare, ma era lo stralletto.
Perché se io cazzo la volante, l’albero mi si raddrizza.
La bassa del Meteor è come se fosse una “volante”, solo che non è così regolabile, chiaro.
Allora se io cazzo la “volante”, leggi “bassa”, addrizzo l’albero e ingrasso la vela.
E’ sbagliato! (con vento forte – ndr)
Io invece mollando la “bassa” cosa ho la possibilità di fare?
A parità di tensione sullo stralletto, mollando le basse, ho più preflessione di albero per cui ho una randa più magra.
In effetti se io cazzo lo stralletto do tensione alle due sartie basse: inoltre, se misuro la tensione di una “bassa” a riposo, starà più in bando, ma, se io misuro la tensione della “bassa” in lavoro, questa arriva a 200!
Cazzando lo stralletto automaticamente vai a cazzare le basse (che quindi dovranno essere “morbide” – ndr) : chi avesse per caso la barca con lo stralletto “fisso” a prua, lo deve cambiare.
Io non ho mai avuto uno stralletto fisso: ho sempre avuto un sistema peggiore di questo attuale, ma ho sempre avuto lo stralletto “spezzato”. Lo stralletto deve comunque essere sempre potente e rigido.
Il problema di avere uno stralletto di acciaio è che rovina il genoa, quando ci passa d’avanti.
Ci puoi mettere un tubino, però il problema qual’è? La resistenza al vento, che fa più attrito.
Per cui è meglio solo l’acciaio, che spesso è troppo lungo: allora, conviene tagliarlo un po’, meno della lunghezza di piè d’albero (nella posizione di “zero” assoluto, – n.d.r.) e, così, allungarlo con lo spettra, per poterlo regolare.
“Spezzare” lo stralletto, con il solo acciaio, vuol dire fare solo danni.
(Uno dei presenti chiede di tornare alle sartie Basse. Ad esempio al Lago di Garda Enrico Negri aveva invertito la posizione delle sartie basse sull’attacco delle lande. – ndr)
Lì è stato il momento clou.
E’ stato il primo anno che io ho cambiato; proprio perché con Luciano Montorfano, che era in equipaggio con me alle scotte, elaborammo, pian piano questo, discorso che poi, con il tempo, abbiamo migliorato.
Se vi ricordate io, al Lago di Garda, ho vinto tre prove, forse, e ho perso il Campionato perché ho incrociato una barca mure a sinistra ed io, che ero pure mure a sinistra, ho forzato l’ingaggio e mi è venuto giù l’albero.
Era la prima delle due giornate di prova, e mi sono perso due regate…. e quindi mi sono giocato non solo lo scarto ma anche l’altra regata: perché poi abbiamo messo su l’albero molto velocemente, però le prove erano andate via….
La barca era velocissima. Già eravamo sulla giusta via.
Poi abbiamo ulteriormente “ingrassato” la randa e, visto che il “discorso” era buono, abbiamo continuato.
La randa era troppo magra tant’é che, quando è troppo magra, la randa vi fa una striscia dalle crocette fino alla bugna.
Le tensioni erano molto basse: il paterazzo era molto basso di tensione.
Quindi ho detto: posso esagerare con le tensioni. Uguale, posso ingrassare la vela. Uguale, se ho vento leggero di poppa, vado, poi, di più.
Ho detto: qua vado bene, devo ora recuperare con vento leggero.
Io prima tenevo gli attacchi delle sartie “incrociate” e poi ho cambiato.
E’ questione di provare e riprovare.
Voi dovete partire dalla vela che avete e poi vedere.
Esempio: riesco a smagrire troppo. Vuol dire che la randa a “riposo” può essere più grassa.
Io vi posso vendere anche la mia vela poi, però, quella barca diventa ingovernabile, se mettete su un assetto che non è questo qua…..
Una vela, che è “velocissima” su un certo albero, la mettete su un altro albero certamente non va bene.
Io sono avvantaggiato rispetto a voi perché ho la possibilità di telefonare al velaio e dire: ho questa novità, me la fai?! Ho la fortuna di avere Sandro e Paolo Montefusco che hanno molta fiducia in me e, a parte l’amicizia che ci lega, loro sono molto bravi e ti ascoltano molto…..
Io ho fatto il “salto” con Montefusco proprio perché avevo una randa che non mi piaceva, era troppo grassa ed il precedente velaio mi diceva: “Ma non è che hai l’albero flesso al contrario…?” …… Rispetto a questo velaio, che non ti voleva ascoltare, ho scelto un’altra maniera e mi sono trovato bene ….
Andiamo avanti.
Inclinazione avanti – indietro dell’albero: io ce l’ho così……
Se volete venire a misurare la barca è lì al Trasimeno e, tra l’altro, le tensioni sono rimaste quelle, a meno che qualcuno non si è divertito a mollarle…..
Le fiancate non rientrano perché la barca è “in tensione a riposo”: si tratta di fibra di vetro bella pesante, cavi d’acciaio belli tosti…
Il fatto che la barca sia tutta sotto tensione non vuol dire che in quel momento la barca si rompe o l’albero si snerva.
Queste cose succedono quando si è in regata e ti arriva la raffica di vento e magari c’è l’onda che ti fa “sbattere” l’albero: il surplus di tensioni può danneggiare la barca, ma queste, ci sono solo quando si fanno le regate.
Le tensioni che do alla mia barca, molto spesso, me le scrivo, dappertutto: poi me le scordo e allora, quando vado a leggere, non mi ricordo quali utilizzare ….
Io sono una persona molto poco scientifica.
Io vado sulla regolazione della vela in quel momento: se voi mi date una vela nuova, per farci le regate, io magari la provo un paio di giorni, con vento forte e con vento debole, per regolarmi un attimo l’albero su quella nuova vela, e poi vesto l’albero sulla vela…
Naturalmente sarebbe meglio il contrario.
Sarebbe meglio dire: con questi “risultati” faccio una vela su misura.
Però, se io ho una vela, io regolo l’albero a seconda della vela che ho.
Per esempio, davanti ad una vela magrissima, io per assurdo tenderei a fare una albero “preflesso al contrario” e, quindi, lavorerò in maniera tale per ingrassare questa vela, quando ne avrò bisogno.
Il fatto, per me, che “Il manuale dice che l’albero va tenuto indietro ….”
Si! D’accordo! Ma la vela, che ho, l’hai vista?
Devo fare qualcosa per smagrire o ingrassare questa vela che ho?
Siccome la vela non è tagliata dritta (si riferisce al giro d’albero – ndr) se ha tanto “grasso” significa che io devo dare più pre- flessione all’albero.
Se invece la vela è tagliata “dritta” allora gli do un po’ di “pre-flessione al contrario”.
E’ la stessa cosa che lavorare sulla catenaria dello strallo.
(Uno dei presenti chiede come impostare una barca partendo da zero – ndr)
Molte volte mi chiedono gli amici di fare una regata insieme.
Sono barche pseudo classe libera, che hanno dei miei amici di lavoro.
Ero là e sono salito in barca……..
La regata l’abbiamo pure vinta perché c’era una linea esageratamente favorevole in boa……… il “livello tecnico” non era altissimo, per cui gli altri sono partiti in barca, noi siamo partiti in boa, da soli, e abbiamo vinto…. ma lì nessuno regatava contro di me.
Se io, invece, dovessi salire su una barca per farci una regata, direi di si, a condizione che, per primo, la barca sotto sia pulita: non devono esserci le “cozze”, le alghe o anche un minimo di sporcizia………
Chi mi conosce sa che la mattina, prima di fare la regata, al Lago Trasimeno, mi buttavo e pulivo sotto la barca.
Perché? Perché se voi mi date la barca dopo un giorno al Lago Trasimeno, (siccome Trasimeno è torbido), si posa sul bulbo una patina che, (perché ho avuto esperienza…. l’ho fatto su barche grosse, con il motore a pari giri, mare alla stessa condizione e via dicendo … ), levandola guadagni mezzo nodo…….. certo su una barca lunga la superficie è maggiore.
Però è sempre una “piccolezza”….
Quindi salgo sulla barca. La barca è pulita sotto? No. Va bene facciamo la regata così ……
Però se faccio il Campionato, permetti che pulisco la barca?! …
Il timone com’è? Allora mettimi a posto il timone ….
Che ci sta’ il “bubbone” sulla carena …..? Tagliami il “bubbone”……
Dentro cosa c’hai? Ho questo, questo e quello …. Bene, allora, questo ti serve per la stazza, quello non te ne frega niente …… In barca mia l’equipaggio ha acqua in abbondanza e cibo in abbondanza, perché abbiamo provato a rimanere senza, anche al freddo ……. perdi molto: quindi preferisco avere un pochino di cibo in più (e di peso in più) perché non posso arrivare là con l’equipaggio che sta così…. e che non riesce a fare più niente neanche una virata…..
A parte questo, poi tutto quello che non serve: Via!
Il mio equipaggio viene con la felpa in pile extra leggera e la cerata ….. ma tante cose, no! …ad esempio gli stivali li porto o non li porto? Gli stivali se li porti, te li metti ai piedi, poi se soffri di caldo sono problemi tuoi.
Arriviamo alla vela.
Io arrivo e tu mi dici che le vele che hai sono queste qua, fai qualcosa.
Allora io prendo la vela, la metto su, faccio un giorno di prova, con vento forte e vento leggero, mi segno le cose…
Vedo che la randa con vento forte diventa troppo grassa?
Togli tutto: spostiamo l’albero in questa maniera, perché l’albero “smagrisca” la randa ….. cioè ti devo tirare fuori, da quella randa, il meglio che tu possa avere… non ti obbligo a comprare le vele nuove.
Però se io posso regolarti la vela e, se ho vento forte la barca deve essere controllabile, allora io devo trovare la maniera di far diventare questa randa una “lama” anche se la vela ha un prebend di quelli enormi.
Certo se io ho un prebend (– che sarebbe la rotondità sull’allunamento della vela -) e l’albero non mi consente di dare quella pre – flessione, perché lo spaccherei, io vado a limite della sicurezza perché io se spacco l’albero arrivo in fondo alla regata…
Il Genoa
La prima cosa è quindi regolare l’albero per la randa. Poi successivamente verrà la regolazione del genoa.
E’ un metodo di lavoro perché la prima cosa è regolare l’albero per la randa: questo è il punto iniziale.
Poi regolando l’albero in quella maniera mi rendo conto che, ad esempio, cazzando il genoa (con vento forte), vedo che questo entra con la bugna nel bozzello… c’è qualcosa che non va!.
Oppure cazzando tutto il genoa, vedo che, ad esempio, la bugna di scotta mi sta sopra la coperta di “due metri” ….. è sballato perché, tenete presente, che se io porto tutto d’avanti, la teoria dice che intanto è controvento, come profilo ….. ovvero è come dire che il bulbo anziché inclinato indietro, avete il bulbo inclinato in avanti, ……… Australia II ha vinto la Coppa America con il bulbo inclinato in avanti, quindi non vuol dire niente…… è tutto opinabile….però è sballato.
Se quindi vedo il genoa “alto”, che sotto (in coperta) mi lascia molto spazio, che invece voglio chiudere (lo spazio tra la sua base e la coperta), perché li non deve uscire nulla, in quanto è energia che spreco (anziché uscire da dietro l’aria esce da sotto), io regolerò l’albero in questa maniera: la randa con più range possibile ed il genoa che sia meglio utilizzabile.
Io sul genoa posso intervenire meno.
Il genoa è una vela più rigida, nel senso che è meno modificabile come profilo; quello su cui posso lavorare sul genoa è il punto scotta, avanti o dietro, la drizza, più cazzata o più mollata, e poi questa “benedetta” catenaria.
Io consiglio di mettere su il genoa: possibilmente quando c’è vento lo cazzi tutto.
Se vedi che il punto di scotta è molto alto sul bozzello, allora io arretrerei un pochino l’albero;
se vedi che è già molto vicino al bozzello, allora io, quanto meno, appruerei un pochino l’albero.
Mi terrei poi uno spazio “x” su cui lavorare. Perché devi partire da un certo spazio su cui lavorare.
Una volta fatto quello inizi a regolarti la randa.
Certo se inizio a dare tanta tensione alle sartie alte, l’albero si accorcia, perché flettendosi si accorcia. E allora tenete presente che il tutto si accorcia ed il tutto si “abbasserà”: però, siccome tu hai dato una misura “x”, che non è ne esageratamente ampia, né esageratamente stretta, allora tu potrai lavorare su questo range.
Dopodiché una volta che tu hai messo su le vele allora tu vedrai che, con vento forte, avrai fatto una regata, con vento talmente forte, (cazzato tutto e talmente tanto), il genoa ti è entrato nel bozzello (se non avrai usato il fiocco). Allora avanzi un po’, cioè apprui un po’ l’albero.
Poi magari quando il vento è forte ti conviene arretrare il punto di scotta per aprire la balumina, allora, arretrando il punto di scotta, vedi che la bugna del genoa, che prima entrava dentro, si allontana dal bozzello… c’è un certa misura su cui lavorare.
Tutti partono da una misura standard: tutti partono copiando, perché non sono dei geni.
Parti vedendo gli altri alberi: certo non quando le barche stanno sul carrello, perché questa posizione inganna ..… si parte copiando e tenete presente che, sulla vela, si copia sempre.
Il campione copia: copia gli altri campioni o chi sta “sotto” che magari ha avuto un idea che però non ha sfruttato a pieno.
Si copia e si copia fino a far nascere anche una “moda”, dove tutti copiano quella cosa, fino a quando qualcuno inventa un’altra cosa e via di seguito …..
Punto 2 – Testa d’albero.
Che tensione darò?
Un consiglio: se volete confrontare le tensioni del sartiame usate sempre lo stesso strumento, perché gli altri sono tutti diversi, uno dall’altro; inoltre dovete misurare con lo stesso strumento barche diverse ed a poca distanza l’uno dall’altra, perché, con il tempo, la molla, che misura la tensione di quello strumento, si allenta e quindi si “stara”.
Io sono partito da una tensione molto alta perché consideravo il principio: “Tutto molto fermo”.
Lavoravo molto, allora, sul punto 1: molto stralletto, forte tensione alle basse.
Però sopra era sempre molto rigido, quindi pochissima catenaria e pochissimo movimento di albero con onda ….. e tra l’altro navigavo molto bene: chi mi ha visto con il vecchio Playbasket, come usciva vento forte, io viaggiavo che era una meraviglia.
Probabilmente per pura “fortuna”, perché avevo trovato una “centratura” che mi andava bene.
Avevo trovato quella regolazione là…. avevo trovato una vela che mi andava bene con vento forte, mentre con vento leggero penavo.
Al ché ho dovuto studiare qualcosa per il vento leggero, non potevo aspettare sempre il vento forte….. e quindi ho iniziato a studiare questo metodo qua… Abbiamo provato a mollare… è arrivato il ventone….. è arrivato Enrico Negri che ci ha dato tante di quelle batoste che quasi ci siamo messi a piangere ……
Poi è nato questo discorso ……
Tenete presente che il Meteor ha due golfari, per le lande, uno verso prua uno verso poppa, il cui angolo (con gli attacchi sull’albero) non l’ho mai misurato e non so neanche l’effetto matematico che possa avere.
Dato che lavoravo sempre sul punto 1 facevo questo ragionamento.
Se io metto le sartie alte più in avanti ed aumento la tensione, cosa faccio?
Io praticamente spingo la crocetta in avanti.
Quindi prefletto di più l’albero, perché lo scopo qual’era?
Ottenere le stesse pre – flessioni e la stessa immobilità dell’albero con minori tensioni.
Questo era il mio scopo.
Quindi il ragionamento era che se io porto l’attacco delle sartie alte sul golfare in avanti, a parità di tensioni, avrò più spinta sulla crocetta di quanto ne potrei avere se la sartia stesse sul golfare di poppa.
Ottenevo il doppio scopo di tenere fisso l’albero e di spingere avanti le crocette, per far preflettere l’albero.
Le crocette sono fisse e non si possono muovere e quindi devo lavorare solo sulle tensioni.
Enrico invece ha detto: le sartie alte vanno indietro. E non ha spiegato il motivo, o almeno non ricordo che l’abbia spiegato….
Poi ci fu una regata, che se non ricordo male, fu quella prima del Campionato di Riva del Garda. Noi avevamo messo appena in acqua la barca, Jeena, quella nuova.
Mi disse: ho provato questa nuova regolazione mi piace tantissimo….poi ci fu questo scambio di e-mail……Perché che succedeva?
Tenete presente che il mio discorso è sempre quello di semplificare al massimo e quindi di andare a “lavorare” sulle sartie il meno possibile.
Quando davo questa tensione qua, alle sartie alte, io irrigidivo il tutto.
Irrigidire tutto significa che per modificare questo assetto di albero devo avere più tensioni: ho bisogno di un paterazzo più potente, di uno stralletto più potente, di una randa più magra perché se arriva il vento forte è una pena andare con una randa grassa con vento forte…quindi io preferisco depotenziare un pochino la randa, avere una randa di taglio più magro per poter lavorare bene quando arriva vento forte.
Tanto pensavo la randa del Meteor ha la superficie più piccola rispetto alle altre vele (9,55 mq contro i 12,55 mq del Genoa e i 26 mq dello Spi – ndr).
Ed invece che ha fatto Enrico, qual è stato il ragionamento suo?
Avere le alte non così tese e invece irrigidire il punto 1.
Faccio un passo indietro.
Cosa è più dannoso con vento forte?
Una randa con l’albero che flette indietro sottovento, cioè “sopra” rigido e “sotto” flessibile, perché ingrassa tutto.
L’albero si muove e ingrassa.
Cosa devo fare? Devo ottenere l’effetto contrario devo irrigidire il centro ed avere con vento forte la possibilità di “spennacchiare” sotto vento, perché, se io spennacchio sottovento, mi si apre la balumina e quindi “scarico”. Se arriva la raffica forte, solo così, scarico …
Allora io cosa ho pensato? Di mollare questa tensione eccessiva alla sartia alta.
Ho pensato poi: se io la sartia alta anziché metterla nel golfare davanti, la metto indietro, io praticamente che faccio? Aumento il triangolo indietro.
Parliamo per limiti. Facciamo conto che le sartie alte siano attaccate vicino al paterazzo: se io cazzo poco il paterazzo manderei in bando le sartie alte ……quindi significa “spennacchiare”.
Più invece le “alte” sono parallele all’albero e meno risentono dell’azione data dal cazzare il paterazzo.
Ho ragionato per limiti.
Tenerle parallele all’albero significa che per ottenere questo spennacchiamento devo cazzare di più il paterazzo, perché devo avere anche più pre – flessione; se invece arrivo ad avere le sartie alte più verso poppa e, cazzando di meno il paterazzo, spennacchio alla stessa maniera, significa che arretrando la sartia alta questa sente di più il paterazzo.
A minor tensione di paterazzo ottengo lo stesso effetto di spennacchiamento.
A COSA SONO ARRIVATO.
Ad un albero che ha una tensione “x”, con sartie basse non troppo tirate, con sartie alte non troppo tirate.
Quando vado con vento leggero non uso assolutamente paterazzo, è assolutamente in bando (in tensione solo quel tanto che basta per evitare che, passando la randa, questa si impiccia), e questo mi da un pochino più di catenaria, posso, quindi, lavorare più sul genoa.
E’ abbastanza rigido tanto da non fare muovere l’albero, quindi non soffrire sotto onda.
Ho un profilo abbastanza grasso, eventualmente il punto 1 deve essere appena preflesso, uno o due centimetri di preflessione, per avere una randa più grassa.
Quindi albero fermo, poca preflessione, randa mediamente magra da bolina, catenaria abbastanza in tiro, paterazzo quasi in bando, stralletto praticamente inesistente, perché la regolazione gliel’ho data con le sartie basse più tirate.
Io vado per limiti.
Quando invece il vento mi monta fortissimo ho il problema di “controllare” la barca, cioè non ho bisogno di potenza, anzi, la potenza è mia nemica, devo depotenziare.
Cosa faccio io?
Mollo questo giro e mezzo di sartie basse, cazzo a “ferro” lo stralletto, e cazzo il paterazzo a seconda di quello che mi serve.
In maniera che questa randa, grassissima, un po’ si smagrisce per l’effetto della preflessione dell’albero, un po’ perde potenza, sotto raffica, per via dello spennacchiamento.
Ecco allora: quanto vanno tirate le alte?
Quel tanto che basta tanto da far spennacchiare l’albero soltanto sotto una raffica forte.
Perché se la raffica non è tanto forte (e mi spennacchia uguale) allora vuol dire che perdo potenza: allora vuol dire che devo tirare un po’ le alte.
Quindi la tensione è data da questo fatto: di cercare di controllare la barca, magari anche mollando un po’ la scotta per aprire un po’ in alto la balumina, un po’ di carrello … questo dipende dai gusti….
Quel tanto che basta per non farmi aprire la testa della randa quando riesco a controllare la barca.
Nel momento che arriva la raffica forte la randa deve essere una lama, perché altrimenti vuol dire che devo mollare la scotta della randa, e tutto si frena … io invece la faccio diventare una lama e la raffica passa automaticamente.
(segue una pausa per una domanda – ndr)
Il meteor è una barca che va tenuta il più possibilmente piatta.
Io quando sento dire: il mio Meteor è molto orziero, allora metto l’albero più a poppa….
Non lo so, ho dei dubbi.
O è orziero perché c’è qualcosa di sballato e allora sarà più orziero su una mura che su un’altra.
Oppure il fatto che un Meteor sia orziero, o non orziero, dipende dal fatto di quanto si porta sbandata la barca.
E quando si porta sbandata la barca?
Quando tu non riesci a tenerla dritta, perché, nonostante il tuo equipaggio sia bello pesante, nonostante il fatto che sei bravissimo al timone, (e quindi a regolarti scotta e timone contemporaneamente), hai una randa talmente grassa, che ti da troppa potenza che ti sbanda.
Allora lo scopo è quello di tenere la barca dritta e tenerla alla massima velocità.
Non ci riesco se ho la randa grassa.
Cioè una cosa non esclude l’altra, attenzione.
L’ABC della vela è sempre quella.
Tenete presente che il Meteor ha un “bulbetto” corto così e, se voi sbandate un pochino, questo bulbetto sparisce.
Quindi la barca va tenuta più dritta possibile. L’equipaggio sta tutto concentrato sopravento, c’è poco che possa fare…
Certo si può arrivare alla perfezione, come fa Enrico e come abbiamo cercato di fare noi: quella di tenere in mano lo scottino del carrello del genoa per regolarla sempre.
Se arriva la raffica il prodiere chiama la raffica, il tailer molla un po’ di carrello del genoa, il carrello arretra e apre la balumina e va avanti così… Però stiamo arrivando troppo al top…io vi auguro di arrivare a questo livello nel giro di un anno, anche meno. Ma se voi non mettete a posto le cose basilari, voi vi fate le cosiddette “seghe mentali” e ..vi fate anche del male…..
(altra domanda – ndr)
Vi faccio un po’ di esempi di quello che mi è capitato di vedere.
Sartie alte cazzatissime, sartie basse in bando.
Dice: non tiro le sartie basse perché altrimenti l’albero mi flette al contrario.
Cosa dovete fare? …..
Piallare sotto!
Perché se piallate sotto l’albero, l’albero ha una sua preflessione, e quindi avete la possibilità di cazzare un pochino le sartie basse (che vanno già in leggera tensione) e siete a posto.
Non volete piallare? Allora metteteci un dado là sotto. … poi dipende dallo spessore: potete metterci anche una zeppa…certo che deve essere di acciaio pieno altrimenti, se di legno, addio spessore.
Uno pensa però di cazzare tanto le sartie alte, così che l’albero mi va in preflessione naturalmente. No! Perché hai sempre la base dell’albero che è sulla coperta e alla prima botta di vento l’albero si muove tutto in flessione e contro flessione: così rovini gli alberi.
(Si richiede ancora della tensione del paterazzo – ndr)
Con il paterazzo non ci lavoro tantissimo, in effetti: con vento leggero lo porto addirittura in bando.
Con vento forte, una volta che ho regolato il mio standard, io praticamente parto dalla regolazione fissa che non la muovo mai; soltanto quando il vento inizia a diventare veramente forte, allora mollo questo giro e mezzo di “basse”….
Voi non dovete dimenticare che per smagrire la randa avete il:
- vang, che ha funzione di tenere basso il boma e spingerlo in avanti,
- lo stralletto, su cui lavorate sempre,
- e anche il paterazzo …
Quindi finchè io ho la possibilità di mantenere la “potenza”della barca, la mia barca rimane sempre così: quindi lavoro di paterazzo……
Tenendo presente che se io cazzo di paterazzo e non sono ancora, diciamo, alla “sopravvivenza”, l’effetto principale che ottengo è cazzare lo strallo e, soprattutto, mollare le “alte”.
Però tenete presente oltre che mollare le alte, (dato che le “basse”sono ancora abbastanza in tensione, e quindi lo stralletto è abbastanza in tensione), devo mollare anche un pochino le “basse”, perché tutto l’albero viene indietro.
Tra l’altro rimane abbastanza “dritto” , cioè rispetto alla base ruota tutto un po’ indietro (rimanendo dritto e poco flesso – ndr) …
Con vento molto forte se io, invece, cazzo di più il mio stralletto e mollo un po’ le basse, l’albero, non va tutto sotto vento (con la forma delle vele che rimane uguale), ma si flette come un arco e le vele diventano magre, come se avessi cambiato vele…
Poi certo, col calare del vento mi regolerò ….. Però io parto sempre con “un set” di vele grasse, soprattutto la randa grassa, ed “un set” di vele magro… (sono le stesse vele – ndr).
E’ una cosa in più che ho rispetto a Voi….. ma se voi riuscite a far funzionare le stesse vele come faccio io avrete anche voi “due set” di vele…..
(Uno dei presenti chiede: “Se c’è mare e devi dare più potenza alle vele, soprattutto se hai due lati differenti, uno con più onda fastidiosa, dove agisci?”- ndr).
Dipende….. se hai più onda che ti spinge allora “smagrisci” e cerca di farti spingere.
Se invece vai dall’altra parte e ce l’hai frontale allora devi “ingrassare”…
Intanto:
- metti in maniera diversa i due carrelli del genoa, (uno per smagrirlo un po’ e l’altro più avanzato per tenere più ingrassato il genoa),
- la randa, quando viri cambi regolazione … paterazzo, vang e stralletto, agisci su questi tre…..
La catenaria non la considero proprio: per me è una “sega” mentale…
E’ un pensiero in più: io devo avere meno pensieri possibili…meno pensieri possibili….
(Uno dei presenti interviene dicendo: Per la bolina però la catenaria è importante .- ndr)
Si, però ci sono cose più importanti, al mio modo di vedere….. sul Meteor…
Abbiamo detto che se molli lo strallo automaticamente molli anche le “alte” (i “triangoli”- ndr) il che significa che fai muovere tutto l’albero…
Faccio un esempio.
Mi capita di fare delle regate su dei Fun … Mi dispiace di parlare sempre dei Mace Race, perché sembra che … Però sui mace race ti danno una barca e ti dicono: Tò! Questa è la barca facci quello che devi fare…….. mi hanno dato un Fun con delle vele fatte malissimo, una randa grassissima, vento leggerissimo, onda praticamente inesistente …
Cosa ti dice il cervello ed il manuale?
Che tu devi ingrassare ……poi tra l’altro i mace race si fanno soltanto con i fiocchi, mai con il genoa: per cui hai bisogno comunque di tanta potenza…
Cosa ti dice il cervello? Cosa faccio?
Mollo il paterazzo, mi si fa più catenaria e quindi ingrasso il tutto ……?
Siccome però questa randa era eccessivamente grassa, io ho preferito cazzare tanto il paterazzo, per avere una randa molto magra, che mi consentisse però di avere miglior angolo.
Io la prima regata l’ho strapersa per un angolo schifoso: nella seconda regata ho fatto un angolo meraviglioso…
La teoria mi dice: NO? Ma io devo provare…Quando ho provato e mi ha dato il giusto risultato …più di così…
(Uno dei presenti chiede se esiste un taglio di vele “ottimale” tale da intervenire il meno possibile .- ndr)
La vela che ti consente di intervenire il meno possibile è la vela magra.
Quando hai una vela magra, hai una vela semplice.
C’è stato un periodo che noi facevamo queste vele magre. La gente, come le davamo queste vele, diceva: “bellissima questa randa… è facilissima da regolare…”.
Quindi teoricamente io, ad una persona poco esperta, direi: prendi una randa magra.
Perché la randa magra comunque ti permette di fare un certo angolo, comunque non ti da problemi quando c’è da avere problemi, e…… quindi meno problemi ho e più …….
Magari non andrò così veloce, ma alla tattica mi ci dedico di più, alla partenza mi ci dedico di più…. Se devo stare a smagrire agli ultimi secondi … invece gli ultimi secondi devo andare a vedere dove è buono partire, per partire bene… magari se sto nel gruppo avrei avuto bisogno di più potenza per “uscire” dal gruppo… ma, invece, se sono riuscito a partire alla boa per primo ….
Al Campionato Italiano di quest’anno (a Castiglion del Lago, dove ha vinto il titolo – ndr).
La prima prova che faccio? Intanto ho pensato: io me ne frego del Campionato, voglio vincere le singole prove, mi voglio divertire.
Ho voluto cambiare atteggiamento mentale nei confronti della regata.
Prima regata: favorevolissimo in boa.
Vado a partire in boa. …
Non sapevo se la barca andava veloce o non andava veloce.
Perché la regata precedente è stata quella di Trani …..(un anno prima al Campionato Italiano – ndr). Ho fatto un’altra regatina, che poi è servita tantissimo perché è stato là che ho messo definitivamente a punto il mio albero … Tra l’altro ero con i ragazzi del Trasimeno …ho fatto timonare Giacomo Godone…….io ero lì che regolavo per vedere… perché questo è una cosa in più che vi può capitare: non rispettate sempre i ruoli, cambiateveli ogni tanto, anche perché si capisce …. “Aaahh! Ecco perché Tu mi dicevi sempre di fare questa determinata cosa…..”
Dicevo: prima regata. Vado a partire in boa. Che faccio? Io parto per vincere la regata indipendentemente dalla mia velocità. Poi quando invece ho visto, oltre ad essere partito bene, avevo doppia velocità, man mano che andava avanti il Campionato io tendevo a non cercare la partenza dagli “estremi”, ma cercavo di mettermi… questo almeno secondo il progetto iniziale ….
La regata finale che dovevo fare 15°, forse, per poter vincere il Campionato, ho detto: Non me ne frega niente . Io parto a centro linea. Poi era talmente “buono” in boa che me ne sono andato a partire in boa e mi sono trovato Enrico Negri e “A’ Fenestella” (altra barca – ndr) che partivano mure a sinistra e che mi hanno fatto la virata sotto prua e ci siamo toccati … Addirittura, piuttosto che andare a fare la protesta contro Enrico (che era un rischio potenziale), mi sono fatto, io, i 720° e poi ho fatto la regata per cercare di arrivare …. e mi è andata bene….
Però che ne sai? Tu fai la regata con protesta pendente …. che fai? …….
Ecco perché: dipende dal momento. …..
(Uno dei presenti chiede ancora sulla catenaria e sulla tensione della drizza del genoa – ndr).
Allora un conto è la catenaria. Un conto è la tensione della drizza del genoa.
Io tendenzialmente mi faccio fare delle vele che non abbiano tante “anse” (io li chiamo “festoni”, cioè le pieghe che si hanno mollando la drizza).
Questa è una moda di provenienza J24.
I Montefusco facevano delle ottime vele per i J24: allora, all’inizio, mi avevano fatto delle vele così.
Poi io invece le ho ridimensionate.
Perché? Praticamente cosa facevano loro?
Tu hai una distanza da rispettare che è tra l’angolo di mura e l’angolo di penna.
Quella è la misura che tu hai. Se tu metti del tessuto in più, così …..(disegna una linea concava, per indicare il grasso sul lato d’inferitura del Genoa – ndr) , ti fa superficie in più. La stessa cosa potrebbe essere per la base: per la base la misura è questa qua … Poi bisogna vedere quanto serve e quanto non serve…
Tenete presente, che se non sbaglio, perché non ho mai approfondito (perché non abbiamo mai esagerato), nel regolamento nuovo c’è scritto che non puoi esagerare con queste “superfici in più, nascoste”…
Allora siccome tu lo devi adattare (questa lunghezza dell’inferitura – ndr) ad uno stallo che, diciamo, è dritto.
Cosa devi fare? O dai poca tensione e quindi hai questo effetto (di “festoni” – ndr) e utilizzi questa superficie qua …. Tra l’altro questa superficie qua ti da anche una pseudo – catenaria.
Perché l’altro effetto della catenaria qual è?
Se noi vediamo lo strallo come se fosse un punto… lo guardiamo dall’alto…Se è tutto “tirato” è in linea con l’albero……
Se lo strallo lo porti a “catenaria” hai tanti “punti” che, man a mano, andando verso il centro, si allontanano sottovento, dopodiché “tornano indietro”: cosa succede? Che Tu non hai un ingresso del vento da qua, (vento 1 – ndr) ma da qua (vento 2 – ndr) ….quindi tu teoricamente vai con la prua più orzata ed il vento ti entra da sotto; anziché “pungerti” qua (lungo il lato d’inferitura, vento 1 – ndr), lo prendi più da sotto (vento 2 – ndr).
Quindi questo è l’altro effetto oltre a quello di ingrassare…
Però attenzione…. questo è verissimo con barche molto veloci, molto performanti, che stringono dei begli angoli al vento: con il Meteor non tanto è conveniente perché il Meteor è bello grasso e bello corto….. e fa degli angoli “larghi” … Quindi non è tanto conveniente.
Tenete presente che ci sono stati, ad un certo punto, che andava di gran moda, dei “partiti” come Enrico Corsi … che portava la famosa “grigliettina” … che così la portava più dentro … poi ha messo i “barber”… ho messo anche io i barber: mai utilizzati….
Oppure ti può capitare di utilizzarli nel momento in cui, ad esempio, tu sei in boa (di bolina – ndr) , con una barca che arriva mura a dritta, mentre tu sei mura a sinistra.
Tu hai da scegliere: o passare dietro, e allora sei arrivato secondo, rispetto a lui; oppure virare sotto e “impiccarti” (stringere tantissimo la bolina e cercare di superare la boa – ndr) …. anche se sei lento ma comunque sei “interno in boa” e l’altro, pur “scendendo” velocemente verso la boa, ti deve dare acqua ……..
In questo caso ti conviene perdere in velocità, ma guadagnare in angolo.
Non me ne importa niente della VMG (Velocity Medium Good), cioè la migliore velocità verso la direzione da cui viene il vento. Non è importante la mia VMG…… ma se andassi sempre così durante tutta la regata arriverei stra – ultimo ……. ma invece, in quel momento, tatticamente, può servire “stringere” ed allora può essere conveniente portare il punto (di scotta del genoa – ndr) più interno: ecco perché abbiamo messo i barber, invece, con le “grigliette” il punto era immodificabile (all’istante – ndr).
Tornando al discorso dei “festoni” è un discorso da J24.
Il J24 lo portano molto così: hanno un albero che è diverso, perché il paterazzo è in testa d’albero mentre l’armo è frazionato, ci sono delle altre regolazioni … non sono molto esperto di J24, quindi vi potrei dire un sacco di “cavolate” ….. però hanno visto che così guadagnano molto……. sia perché il J24 (anche quella) è una barca pesante e quindi gli serve molta tela, per cui guadagnavano questa superficie; e sia perché lavorano meglio sul grasso, perché hanno l’albero passante e quindi lavorano …… hanno il piede d’albero regolabile….
Per dirvene una, perché io voglio spezzare una lancia a favore del Meteor, il fatto che l’albero sia regolabile con quell’affare lì sotto significa che uno che va la sotto lo può regolare in regata e quello ti fa molto di più che cazzare o mollare le sartie…. Quindi teoricamente in regata non si può fare … poi in realtà lo fanno tutti ….e allora tu vai, abbandoni il Meteor (perché dici che le barche non sono simili) e poi vai sul J24 che fanno queste “porcherie” qua ….non è mica tanto bello .. vedete i furbi stanno in tutto il mondo …
Riapro un attimo soltanto il discorso dei “festoni” per dire che io non li porto esageratamente (questi “festoni”), però mi piace avere la drizza del genoa appena mollata.
Perché quando avete il vento molto leggero, se voi il genoa lo mollate così, praticamente, avrete un momento che:
- il singolo “festone”, se sono troppo poggiato, è gonfio;
- se sono troppo orzato, il “festone” si gonfia al contrario.
Allora io lo porto in “equilibrio” (in modo cioè che il singolo festone sia al limite di essere tutto gonfio – ndr), perché così “lavora” molto, ma molto meglio dei “filetti”.
(segue una domanda sulle modifiche da poter fare in regata – ndr)
Il regolamento di stazza te lo vieta, perché ti dice che non possono essere effettuate modifiche sulle manovre dormienti (o fisse) , in regata……
Ho sempre cercato di tenermi fuori dalle polemiche … anzi ho cercato di mettere magari d’accordo le parti in contrasto …. perché mi piace il “giochino” del Meteor e mi dispiace che ci siano queste polemiche…perché se iniziamo con le polemiche la “Classe” muore ed io “perdo il giochino”….
L’unica cosa su cui ho cercato di dire la mia, perché sono assolutamente convinto di questa cosa, è sul cercare di non “mettere il pesciolino davanti alla bocca del gatto”….
Cioè si parlava ad esempio sulla regolazione del puntone.
Si diceva: il puntone deve essere regolabile.
Infatti io ho trovato una cosa sul nuovo regolamento che non conoscevo, perché non posso stare li a leggere tutto … prima il puntone, c’era scritto, doveva essere fisso, poi, ora, il puntone può essere regolabile.
Ora che per comodità ci sia da mettere … perché, io, a sartie gia tirate, metto il puntone e poi lo cazzo…
Così come pure sono convinto che tanti altri che hanno il puntone regolabile, non lo regolano in regata……
Non so se è difficile farlo in regata … però mettetelo in mano a qualcuno smaliziato…. questo può andare sotto coperta e dare tensione …
Ora io sono di quelli, come avete capito, che muove il meno possibile (il più fisso possibile) e via dicendo … ma voi non sapete quanto dà di tensione in più cazzare o mollare questo benedetto puntone … quindi noi facciamo una cosa: si mette sul regolamento di regata che lo stazzatore sigilla (con lo scotch da carrozziere siglato), il puntone, in maniera che non lo puoi regolare; oppure ci si mette nell’ottica che non può essere fisso…… Perché la risposta al problema qual è? Ma chi ti dice che non ho regolato il mio puntone poco prima della partenza? Tu lo puoi fare se è fattibile ….. e allora, intanto, ti metti davanti ad una potenziale polemica, perché ci possono essere anche quelli che dicono: iniziamo a mettere tutti i puntoni regolabili, tutti quanti saremo bravi e .. tutti quanti sfasceremo le barche ….. perché iniziare a spingere da sotto a sopra è rovinoso …
Così d’altra parte vi dico che io ho un puntone fisso che basta inserirlo sotto, quando l’albero non è ancora in alto: quando l’albero va in alto, la coperta va in compressione, e quello là non si muove più.
Tenete presente che la mia barca è “rigida” perché è una NauticaLodi …
(Uno dei presenti interviene dicendo che il suo puntone era fisso. Per cui tutte le volte che smontava l’albero il puntone cadeva. Allora per non farlo cadere ha messo due zeppe sotto. In questa maniera riusciva a regolare il puntone, perché bastava andare sotto coperta con il martello e dare un colpo alle zeppe per dare una spinta in alto. Avere quello od un puntone regolabile con vite era la stessa cosa. – ndr).
Il fatto che il regolamento di stazza dica che è possibile che il puntone sia regolabile tu metti in condizione di poter far regolare il puntone in regata… Allora bisogna dire che il puntone non è regolabile e neanche con le zeppe ….
Cambiamo discorso però perché abbiamo fatto male ad aprire questo…….
(Uno dei presenti chiede: “macchinette” o winch? – ndr)
Allora premettiamo che: macchinetta o winch non fa la velocità della barca.
Secondo: prodiere forte o prodiere debole?
E’ la stessa cosa!
Ritorno al discorso dei match race.
Nei match race noi utilizziamo i winch e senza manovella, perché ci si impiegherebbe troppo tempo.
Una risposta te la da Enrico Negri che, anziché la macchinetta, preferisce il winch e si porta le scotte “incrociate”: se non vi volete “incasinare” con le scotte incrociate, l’altro sistema è quello di portarla sotto, (sottovento – ndr) cazzare per quanto potete da sotto, poi portare la scotta al winch di sopravvento e lavorare con la manovella da sopravvento…
Arriva la raffica: vuoi mollare un po’? Molli un po’… Passa la raffica? Cazzi? Cazzi ….
E’ molto più regolabile ed è molto più sicuro delle macchinette.
Io pur avendo le macchinette sono un grande sostenitore del winch, perché, mi è capitato, diverse volte, con le macchinette, che se non “becchi” il momento esatto per mollare la scotta sottovento, tu ti “becchi” il genoa “ a collo” e, finché non arrivi praticamente di poppa, sulle mure opposte, con il genoa a collo, tu quel genoa non lo molli più….
(Si chiede se quando si fa il “rimando” si lascia comunque la scotta un po’ avvolta sul winch di sottovento – ndr).
Quella è una scelta. Una scelta anche in funzione di come è sistemata la barca, perché, ad esempio, se voi mettete i winch che “divergono” in fuori, allora è tutto più scomodo, anche perché vi si “accavalla” la scotta e via dicendo. Se invece metto delle piastre, in maniera che siano paralleli …….. allora lì puoi scegliere….
La scotta incrociata non la consiglio …. Io ho visto in regata…. Ho sentito delle bestemmie a dei tailer bravi perché, ad un certo punto, quando inizi a fare virate, virate e virate…. con le scotte incrociate ti imbrogli …
Allora inizi a fare una virata regolare con quello sotto, poi la scotta la porti sopra… Tra l’altro quando la porti sopra, non hai bisogno neanche più della manovella perché, mettendo delle piastre belle solide (sotto ai winch – ndr), una volta che hai “inchiodato” la scotta sotto, l’hai inchiodata sopra, tiri così e lo recuperi facile, senza usare la manovella…….
Enrico Negri, al Garda, aveva i winch ed il punto di scotta del genoa regolabile …
(Uno dei presenti chiede le dimensioni delle cime – ndr)
La scotta del Genoa è da 8 (mm – ndr), se non sbaglio. Noi abbiamo, se non sbaglio, un buon prestirato da 8, buono però… Abbiamo detto che la scotta del genoa, poi, è un “pezzettino” piccolo …. E’ più importante che sia una bella scotta che non si inceppi, che non faccia i colli ….. Considero il “pezzettino” dalla mura allo strozzatore…
Le drizze sono tutte da 6.
Ecco, per esempio. Parlando del mercatino…. Andai una volta in un negozio a Livorno, una volta che stavo là a fare niente ….entrai in questo negozio, tra l’altro uno dei negozi top di Livorno, e trovai una cima …. “Questa cos’è?” chiesi. “Questa è vectran…”. “Bellissima! La compro.”. Comprai …. e ne comprai tantissima e l’ho utilizzata, praticamente, per la drizza del genoa e della randa. Infatti è l’unica cima che ha lo stesso colore in barca per la drizza del genoa e della randa… pensavo di fare dei casini, poi in effetti la randa la tieni sempre su…
Il vectran è un nuovo materiale che si allunga meno dello spectra.
L’altra domenica ancora, ero li a casa che non facevo niente e gli amici mi hanno detto se volevo andare in barca … la barca era schifosa… ma questo che significa? Tu comunque sei sempre in barca… e impari sempre qualcosa…tu più vai in barca e più impari qualcosa… Certo poi dipende da quanto è grande questa passione: per me è una passione grandissima…
( Altra domanda sulla scotta spi – ndr)
La scotta dello spi da 6 millimetri in spectra.
TABELLA RIASSUNTIVA (ndr) |
||||
TIPO |
VELA |
MM |
MATERIALE |
NOTA |
Scotta |
Genoa |
8 |
Prestirato |
Buono |
Scotta |
Spi |
6 |
Spectra |
– – – |
Scotta |
Randa |
8 |
Prestirato |
Morbido – peloso |
Drizza |
Randa/Genoa/Spi |
6 |
Vectran |
ovvero spectra ottimo |
Con attenzione ai passaggi sui bozzelli, rinvii e strozzatori. |
(Domanda relativa all’attrezzatura in coperta – ndr)
Il fatto che sia stato scritto sulla rivista Harken (Technical Sailing, anno VII – n. 1 Gennaio/Aprile 1999 – ndr) è stata una conseguenza…. Ci sono cioè anche delle altre buone marche. Io sul fatto dell’Harken è stato un caso … noi siamo molto amici di Enrico Corsi, che non so chi lo conosce? ..E’ a Luino…
Enrico Corsi è stato una leggenda del Meteor perché, intanto, è sempre uno che ha avuto la passione del Meteor e poi lo ha costruito in un certo periodo …. Quindi lo conosce……
E in più ha un negozio ben attrezzato a Luino, di fronte all’AVAV di Luino (Associazione Velica Alto Verbano – ndr), che è sempre stata un po’ la Patria dei Meteor …
E noi quando abbiamo armato il primo Meteor abbiamo avuto dei consigli: rivolgetevi ad Enrico che vi dà tutte le misure, le indicazioni…
Gli dicevo: “Ho bisogno della scotta dello spinnaker del Meteor….. “.
“La vuoi buona, buona?……. Te la mando io, non ti preoccupare ….”
Enrico è un soggetto bellissimo … essere un buon amico di Enrico … al di la che lui abbia fatto dei “guai” alla classe Meteor, oppure abbia portato dei benefici: io questo non lo voglio sapere.
E’ un amicone. La persona a cui, Noi, appena vinto il Campionato, (è stato uno dei primi) abbiamo chiamato…
Per Igor, per tutti … E comunque quando abbiamo “attrezzato”, abbiamo attrezzato tramite Lui….
Lui ci ha fatto degli sconti, ci ha trattato bene, e via dicendo ….
Il fatto del discorso dell’Harken: cosa è successo? …..
Fatto questa cosa qua, siccome si spargeva questa la voce… perché il fatto di mettere le “macchinette” era più una sfida… noi prima avevamo un solo winch…… Abbiamo detto: “Lo dobbiamo levare questo winch” … E quindi questo fatto è stato eclatante.
Per cui Enrico mi ha chiamato: “Mi fai due foto e l’articolo?….” e l’ho fatto…..
(Qualcuno chiede della resistenza della prua sollecitata dalla trazione dello strallo – ndr)
Sotto lo strallo, a prua sotto coperta, in genere c’è un tirante ….. Però ad alcuni, non avendolo, gli si aperta la barca…. Le barche nuove non hanno questo problema … oddio è capitato anche … è capitato a Massimo Ventura, a “Why not?” (ITA 509 di Trani – ndr), che gli si è aperta perché hanno sbagliato al cantiere, hanno messo poca resina….…. Oggi è difficile che si apra….. prima invece capitava più spesso e noi su “Magia”, che era una barca vecchia, abbiamo messo un perno … non mi chiedere come è stato fatto perché lo hanno fatto gli “attrezzisti”… praticamente un perno passante che prendeva anche il dritto di prua, seguendo lo strallo…. Le barche nuove ce l’hanno già pronto.
(Si chiede se con vento molto forte, sopra ad esempio i 25 nodi, si debba mettere la mano dei terzaroli – ndr)
La mano dei terzaroli scordatevela.
Far fileggiare la randa, scarrellare la randa e non farla portare: anche questa soluzione non va bene.
Prima di tutto con vento molto forte voi mettete il fiocco.
Allora io una cosa che vi consiglio. Io mi sono comprato… anzi facendo l’arbitro me l’hanno regalato … un anemometro. Misurato l’anemometro, stabilisco: ora ci và il fiocco, ora non ci và. In questo sono “scientifico”. Quando si tratta di tattica, regolazioni … molti mi conosceranno perché vado in giro sempre con il famoso regolo della “Musto”…. oppure prima andavo con la bussola tattica…… Sulla questione tattica sono molto scientifico; sulla questione preparazione della barca sono meno scientifico.
Quindi, dicevo, per mettete il fiocco, vedete un po’ …. cercate di capire qual è il “range” e quindi, a quel punto, mettete direttamente il fiocco….. Se non sbaglio sui 17 nodi. Se non sbaglio l’ultima rilevazione l’ho fatta a Trani … A Riva del Garda, che avevo delle vele più magre e c’era meno onda, abbiamo sempre portato il genoa, mai portato il fiocco… Ma mi pare, poi, quasi tutti…..
Voi immaginate che alcune velerie (tra l’altro anche la Montefusco mi aveva chiesto che cosa fare), mettono delle mani di terzarolo “finte”. Che significa “finte”? Che mettono l’occhiello, mettono l’altro occhiello, però non mettono del tessuto sufficiente a reggere: per cui se metti la randa in tensione si spacca la vela…
Io ho chiesto di mettere il tessuto, quindi la mia randa ha il tessuto di rinforzo, perché c’è un motivo … Perché, siccome io faccio anche i mace race col Meteor, l’arbitro può ordinare di mettere la mano dei terzaroli…e siccome mi è capitato di vincere, in questo caso, il mace race, perché il mio avversario aveva messo una randa con “mani finte” che gli si è spaccata, allora io lo metto. Anche perché cosa vuoi che pesi quel rinforzo in più? Ecco perché faccio montare una sola mano, senza matafioni per carità!……
La famosa “manina” era solo per le barche IOR….
Quindi a 17 nodi metto il fiocco e faccio diventare la randa una “lama”, a meno che, come ho detto, non mi è stata imposta dagli arbitri di mace race.
Altrimenti non la metto mai, mai, mai……
Quando c’è tanto vento, se ho una randa talmente magra, riesco anche a non sventare.
Se poi arriva la “botta”: svento.
Tenendo presente però, attenzione, che sventare la randa è un sistema non troppo efficace.
Perché se c’e vento fortissimo e tu, per esempio, devi fare una virata, dopo la virata conviene mollare la scotta della randa perché, se no, appena finita la virata ti distendi…
Quindi la tieni in mano come si era detto.
E’ vero però che se tu finisci la virata con la randa completamente in bando, e se c’è vento forte, (anche se hai il fiocco), la barca se ne va in giù, perché la spinta è tutta sul fiocco.
Quindi tu non riesci più a controllarla.
Quindi non solo mollare la scotta della randa, ma anche mollare la scotta del fiocco …perché è una questione fisica…. non è tanto il fatto solo di depotenziare, è una questione di indirizzo del vento apparente. Se io vado di bolina, ed il vento mi arriva in questa direzione, (disegna VR1 –ndr) ho un avanzamento di tot (VV – ndr) che mi da un apparente che mi arriva così, (disegna VA1 – ndr) più in prua.
Se mi arriva la raffica forte (parlo di vettore a malincuore perché sapete non sono tanto scientifico …..), mi è aumenta, ad esempio, del doppio questa freccia (VR2 –ndr) ed il vento mi viene da dietro, (ovvero VA2 è più a poppavia di VA1 – ndr): a parità di velocità (VV – ndr), perché non avrò il tempo di aumentare la Velocità, tanto meno col Meteor che ha una velocità limite molto bassa.
Cosa devi fare? Devi “allargare” la randa, non tanto per depotenziare, ma perché segua la direzione del vento apparente nuovo (da VA1 a VA2 – ndr), ed altrettanto dovrai fare anche con il fiocco.
Se tu, poi, sei bravo come Enrico, come il prodiere di Enrico, ed hai attrezzato la barca bene, anziché mollarti il genoa (ovvero il fiocco – ndr) ti arretri il punto di scotta e la parte alta della vela è quella che sventa, mentre quella parte di sotto sarà più cazzata.
Infatti il “manuale” cosa dice?
Dice che se io avanzo il punto di scotta, cosa faccio?
Oltre a tirare di più la balumina e mollare più la base, diciamo che un po’ ingrasso la vela.
Al contrario se io arretro molto, tiro di più la base e mollo di più la balumina….
La via di mezzo è la tensione ottimale alla forma del genoa che io ho.
Se io avanzo il punto di scotta avrò più tensione sulla balumina e meno tensione alla base: cosa significa? Che avrò un genoa più chiuso, naturalmente mollerò un pochino di scotta, in maniera che abbia tutta una forma più grassa e più potente.
Solitamente lo regola il tailer.
Stiamo parlando con vento leggero.
Con vento forte cosa succede invece?
Che io arretro il punto scotta in maniera che sia la base più tesa (la parte bassa della vela è più magra, perché più cazzata); sopra, con il fatto che c’è meno tensione, “svergola” di più e quindi, diciamo, si è depotenziata la parte alta.
Con vento forte siccome il peso è importantissimo, perché abbiamo detto che dobbiamo tenere la barca dritta, cosa faccio?
Non posso mica quando arriva la raffica mandare uno sotto (sottovento – ndr) e fare la regolazione.
Allora che ha fatto Enrico?
Si è allungato soltanto la scotta del carrellino e si è messo dei “segni”, con una “scaletta”.
Arriva la raffica? Già sa qual è l’effetto, perché l’ha segnato sulla sua scaletta.
Arriva la raffica ed in quel momento molla un pochino il carrello, il carrello va più indietro, la balumina si apre.
Infatti Lui diceva questo……. a Riva del Garda, ad esempio, dove aveva questa barca nuova, ma anche ad un altro campionato ….
Il Tailer che cazza, o molla a seconda dei casi, e fa la sua regolazione.
Il prodiere, che stava fuori con le gambe, chiamava:”Raffica!…… 3, 2, 1 : guarda che imbarca……, molla un pochino di carrello……”. Quello che sapeva.
Il tailer lavorava quello che doveva lavorare finita la raffica richiudeva al posto suo…..
Siamo al top.
Enrico è molto bravo ma, come io ho detto, il timoniere fa il 33% perchè l’altro 66% lo deve fare l’equipaggio.
(Uno dei presenti domanda quale è il limite di vento per cui un Meteor può navigare – ndr)
Il Meteor è una delle barche in assoluto più controllabili che ci siano.
Anche se ci sono 25 nodi ci puoi andare. Se hai una barca ben regolata, ci puoi andare.
– Fine –