Planare con il Meteor

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Introibo

Ci stavamo facendo un bicchiere con Renzo, Pierangelo, Ida  e Andrea nel giardino di un bar di Menaggio (Co), sabato 29 maggio . Io racconto come l’ufficio governativo inglese di meteorologia  (http://www.metoffice.gov.uk/weather/europe/surface_pressure.html) dia per lunedì 31 maggio, due giorni dopo,  ponte del 2 giugno, una situazione barica particolare : 8 hectopascal di gradiente sulla pianura padana . Correnti settentrionali.

Ventaccio.

E Renzo fa : perché non andiamo giù a Como in barca , lunedi ?

Questa della “transumanza “era un’idea che mi era venuta da qualche anno, da quando partecipiamo alle regate del Campionato invernale di Moltrasio, per rendere meno noiosa la lunga trasferta  a motore, fin giù nello stretto e tortuoso budello del ramo di Como. La proposta era quella di profittare di condizioni di tramontana, qualora si fossero manifestate, sia  per scendere velocemente in poppa all’andata, come pure per  risalire con una dura bolina, al ritorno. Tutti insieme.

Ci avevamo ricamato sopra, e Daniele gli aveva pure trovato un nome, all’impresa : la zamp-one cup, ovvero una sfida velico-gastronomica ove il premio sarebbe stata una cena comunitaria di flotta a base di zamponi, cotechini, cappelli da prete, soppresse,  casoeule, lenticchie ,  polente ecc.,  insomma, quanto di più trucido la fredda stagione invernale prospetta alla nostra gola.

Ma poi non era mai capitato il giorno, o i giorni, giusti.

Quando a  mezzogiorno di lunedì, usciamo da Menaggio con l’Oca e diamo spi, il vecchio, fidato capoccione rosa, c’è un bel po di onda, quella che il vento da nord sui 7 metri alza in quella dozzina di miglia  di cammino del ramo settentrionale del lago.

A Bellagio mandiamo Pietro a strambare: mure a dritta. Pietro è un nuovo  acquisto della flotta. E’ pieno di entusiasmo. Ed è pure provvidenziale.

Il vento cala. Poi, ad un paio di miglia da Argegno, il lago si anima : siamo sugli 8 metri.

Si ristramba a sinistra.

In lontananza si cominciano a intravedere le creste bianche  del budello, quel tratto angusto di lago tra Argegno e Laglio esposto perfettamente secondo meridiano.

Allineare

E’ un crescendo: di minuto in minuto l’intensità del vento sale.  Da lasco.

Pierangelo, seduto all’estrema poppa e rivolto al vento, chiama in continuazione raffiche sempre più forti in avvicinamento ( penso che questa sua, sia la funzione più importante in quelle condizioni).  Quando la raffica esplode nelle vele – spi e randa piena – trasmette dapprima alla barca secchi scrolloni incontrollabili, poi l’Oca parte in accelerazione , e mentre Renzo cassa la scotta di spi  io, al timone, poggio alla grande per ostacolare la  brama della carena di venire all’orza . Si perché sono pur vere le belle storie sulla somma vettoriale del vento reale+ velocità barca= vento apparente,  per cui nelle raffiche alle andature portanti si può quadrare e poi, in accelerazione, poggiare, ma qui è più una questione di coppie : quella di raddrizzamento, ovvero dei 330 kg (Renzo, Pietro, Pierangelo e me)  messi a circa 1 metro dall’asse della barca, e quella di sbandamento: qualche quintale di carico nelle vele e piazzata a 4-5 metri sopra la carena, che prevale di gran lunga sull’altra. L’unico modo per tenere in piedi la baracca in queste condizioni è sì di tenere quanto più possibile l’equipaggio  in fuori, ma soprattutto di andarsi a cercare una qualche forza che possa contrastare  la risultante  delle soverchianti forze di sbandamento. Questa forza sta nel galleggiamento dei volumi di prua ( e una volta planati, di carena), che devono per quanto possibile essere allineati con la risultante delle forze applicate nelle vele. E opporvisi.  Ecco principalmente perché si deve poggiare in queste condizioni.

Viene in mente cosa scrive il grande  Elvstrøm nel suo fondamentale “ Elvstrøm parla di sé e delle regate, ed. Mursia” a proposito del suo modo di portare la Star in poppa (attenzione: la Star e in poppa) con più di 25 nodi, condizione da lui ritenuta la più divertente per quella splendida barca !! . Dice che si deve  manovrare il timone in modo da non aver paura di spaccarlo e fa capire (con le parole di Bruce Kirby) che si deve viaggiare strapoggiati così da tenere allineati, per quanto possibile, il centro velico della immensa randa della Star, che sarà distante un buon metro e mezzo  dalla mezzeria della barca , con i volumi di prua  ( o di carena) .

In materia di raddrizzamento sgorga ora spontanea in me una riflessione anche su un aspetto annoso e fortemente ridicolo del nostro regolamento : la

Battagliola

La nostra battagliola è concepita per rendere la vita grama ai nostri regatanti e per farci andare adagio.

Anziché incentivare il raddrizzamento della barca favorendo lo sfruttamento di quella risorsa fondamentale che è il peso dell’equipaggio  impiegando una battagliola confortevole, robusta e soprattutto intelligentemente lasca come regolamentano tutte le classi di cabinati più furbe della nostra, noi no .

Noi, con regole cervellotiche, misurazioni millimetriche dal piano di coperta con pesi di 5 kg. , disposizioni rigorose dei candelieri, fili a piombo  e chincaglieria varia, ebbene noi cerchiamo in tutti i modi di tenere i nostri equipaggi più all’interno che si può, e quindi, le nostre barche più sbandate che si può, i salami, ma soprattutto di turlupinare la gente  con contorsioni tra battagliole tese come lame e candelieri infilati nelle costole come pugnali… meglio tornare alla nostra galoppata…

Bilanciare

Corriamo al gran lasco (la poppa piena sotto spi con quest’aria è pericolosa, per via delle rollate incontrollabili).

Abbiamo il tangone piuttosto strallato, direi a circa 30 gradi  dalla prua.  Renzo ha un gps e ci ragguaglia sulle nostre velocità : 6, poi 7, poi 8 , poi 7 nodi. Non si può dire che abbiamo veramente planato . Su ogni raffica è necessario poggiare energicamente. Poi propone: perché non quadriamo un po’?

Recuperiamo non più di 35 cm. di braccio e il comportamento della barca cambia radicalmente. Sembra  più bilanciata ma ora manifesta una certa tendenza a poggiare . Ora devo correggere per farla orzare e la cosa non mi va per niente. Se mi parte in straorza ( e un paio di volte mi parte), sbatacchia tutto, facciamo un po’ di casino,  ma vabbè. Ma se mi parte in strapoggia con una dozzina di metri  nel sedere ( per ora) eh, allora sono cavoli amari. Ci avevo rimesso un albero 32 anni fa, per una strambata involontaria sotto spinnaker in condizioni un po’ meno dure di queste. Ero agli albori e ignoravo l’esistenza dei barber-haulers allora, ma ciò non aveva attenuato il mio disappunto, diciamo così.

 

Rimettiamo il tangone avanti. Il concetto è che non bisogna esporre troppo lo spi in queste condizioni :  una rollata sopravento (death roll) con istantanea, incontrollabile,  devastante  strambata  sarebbe garantita. Non serve altra potenza. Va tenuto un po’ nascosto, lo spinnaker,  e inchiodato ,  in special modo si deve cercare un bilanciamento ottimale tra di esso e la randa ( che, ripeto, portiamo non terzarolata). L’ideale sarebbe regolare il tangone in modo da avere una leggera tendenza orziera ( ovvero un poco strallato per far prevalere la spinta della randa) e nelle raffiche  agire inizialmente sul braccio, quadrando  di quel poco che serve per adattarsi alla nuova direzione del vento apparente e soprattutto contenere la tendenza orziera. Poi, in accelerazione ( e qui le accelerazioni sono quasi da deriva) e quindi in poggiata, rilasciare il braccio. Si deve creare un’intesa tra timoniere e centrobarca il quale deve lavorare il braccio tirandolo a sé a mano o lavorando il relativo barber (il presupposto, in tal caso, è che il barber del braccio sia inizialmente lascato ). Quanto più il lavoro sul braccio è efficace, tanto meno c’è bisogno di  timone, a tutto vantaggio della velocità della barca.

L’acme

Da dietro  raffiche sempre più rabbiose ci investono. Il sole è splendente. Il cielo terso. Stiamo passando sopra la fossa Vassena a 8 nodi, il fondo del lago è a  410 mt. in verticale sotto di noi, brivido…. Attorno a noi  il piano d’acqua brulica di creste bianche , onde piccole, 30-40 cm., vicinissime.  L’Oca con noi, 13 quintali di massa per  34 mq. di tela, freme, poi finalmente plana  decisa e  fila via come il fumo, i nodi salgono a 9 , poi a 10.4 , e ci restano a lungo, a lungo, a lungo. Siamo felici.

Planare è il massimo. Planare col Meteorino, così inadatto, è ancora di più: l’acqua che passa via a velocità folle, i 2 baffoni di schiuma che sprizzano fuori da metà barca, le 2 ondine di poppa che si riuniscono 8-9 metri più dietro  e tutto più dolce, più leggero, niente strattoni, solo quel piacevole fremito nel timone.

Si sta da dio in planata.

Penso all’Oca, ai suoi madieri vecchi di 39 anni e anche a quell’altra volta che aveva vinto in fuorigiri la più bella non-regata della sua vita, esattamente 22 anni prima, quando avevamo folleggiato in planate sotto spi davanti al lungolago di Passignano,  la Ciccia, l’immenso Camillo  Angeli, io , e lei,  dominando la seconda, ventosissima prova (poi  annullata per vizi procedurali) delle 5 che ci avevano portato alla vittoria nell’Italiano di quell’anno.

Veramente penso anche a come si potrebbe rimontarlo, un vento simile !

Abbiamo randa piena e fiocco (non olimpico) preparato ed ammainato a prua, esageratamente invelati per tentare la bolina, qui. Tutti e 4 indossiamo i giubbini salvagente, of course, e teniamo il ciambellone a portata di mano in cabina. La quale è solo parzialmente chiusa, con la metà inferiore del portello, che avevo segato orizzontalmente anni fa  per impedire invasioni d’acqua in caso di scuffia.

Per 2 o 3 volte scendiamo in terra a  7-8 nodi e per  2 o 3 lunghe volte torniamo in paradiso a 10 o 11 . Il lago fa paura, bianco di schiuma. Prendiamo una raffica pazzesca. La barca parte in avanti, strappo via la barra sopravento ma è inutile, sono già in ritardo, mega straorzata.

Casino d’inferno per una quindicina di secondi, la barca sta giù, tutto sbatte, Renzo riesce ad arraffare la drizza dello spinnaker, che viene definitivamente ammainato.

Dopo aver mandato su il fiocco, ci ricomponiamo. Renzo osserva di aver notato durante la megastraorza  il lago lambire l’apertura della cabina dell’Oca.

Allora Pietro, meglio, san Pietro, si dedica a chiuderla per bene, anche con la parte superiore dello sportello.

Si viaggia di conserva

Siamo a Laglio ,Clooney land, e si può dire che all’altezza della sua villa il lago svolta a destra, per noi che veniamo da nord . Non per il vento. Che non ama le curve e che da una condizione di violenza selvaggia, ma con un suo ordine, una sua costanza, si trasforma in una serie di folate o folatone che sollevano muri rabbiosi di acqua nebulizzata,  molto molto distanziate.

Niente di che.

L’avventura è finita, siamo entusiasti e mentre ci raccontiamo le grandi emozioni

camminiamo verso Como : folatona, planatina, strambatina, bonaccina e così via.

 

La sberla

Villa Geno  è già Como. E’ sulla riva orientale della città ed è inconfondibile per gli sbuffi altissimi della  grande fontana nel parco, in riva al lago.

Ci restano 300 metri per doppiare Villa Geno, poi altri 500 per arrivare nel vecchio porto.

Da 200 metri  a poppa arriva una folatona col suo bel muro di acqua nebulizzata.

E’ un po’ altino stavolta, il muro, ma… niente di che.

Sono seduto da solo sottovento, si filano 2 , forse 3 nodi. Zero onda.

Il grande Renzino mi fa : vieni su perché guarda che è brutta.  Svogliatamente mi siedo anch’io sopravento, sulla panca di sinistra.

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E’ come se la barca prendesse una mazzata. Parte a 200 all’ora per una ventina di metri in un mulinare d’acqua, in un paio di secondi prende una straorza devastante, infila  la testa dell’albero  con la parte superiore della randa e del fiocco sott’acqua e sta giù .

Pietro, Renzo ed io ci ritroviamo a mollo, sparati fuori,  nel lago ( Pier si aggrappa a qualcosa, come tutti i gatti , lui non ama i bagni freddi. E poi ha in bocca il toscano, acceso..).

Sta giù  e ancora giù. Carena e  bulbo, completamente fuori dall’acqua, fanno presa al vento,  la barca scarroccia a non meno di 2 nodi e tende a infilare sempre più sotto  albero e  vele, che fanno presa all’acqua.

Dopo una quindicina di secondi, non so bene se perché là sopra  Pier riesce a mollare del tutto la scotta del fiocco , o perché quella gran puttana smette di soffiare, l’Oca torna su.

Se (san) Pietro non avesse chiuso bene tutto lo sportello mezz’ora prima, c’è una certa probabilità che l’Oca sarebbe affondata. Punto.

Sommergibili, insommergibili

Si sa che i vecchi Meteor , come tutti i cabinati del resto, ad alti gradi di sbandamento se non ermeticamente chiusi vengono invasi dall’acqua e affondano.

Dei nuovi Nauticalodi so della brutta avventura a lieto fine toccata al nostro capoflotta Danielone Turconi agli albori della sua carriera velistica, qualche anno fa.

Investito da una maligna raffica di caduta in alto lago di Como, mette l’albero in  acqua. Le 5 persone in equipaggio, inesperte, si abbarbicano a murata, sportello aperto, cabina invasa dall’acqua. Ma la barca non affonda, le casse stagne lavorano, si mette in verticale con solo parte della poppa fuori dall’acqua e viene  salvata.

Da allora Daniele, Renzo e altri hanno messo a punto tipi di sportelli che danno un ottimo livello di sicurezza pur consentendo la pervietà dell’accesso alla cabina. A questi progetti la Classe e il Cantiere penso dovrebbero dedicare qualche riflessione.

In ogni modo ricordate sempre : se ritenete che le condizioni meteo siano pericolose per voi, chiudete sempre lo sportello. Con cura.

Affidabili

Asta del windex inclinata durante la scuffia:  questo è stato l’unico problema tecnico patito dalla barca nella nostra avventura.

Può capitare a chiunque esca  a vela di beccare una strapazzata per un fortunale

improvviso. Se alle difficoltà meteorologiche si aggiungono problemi tecnici , ci si può far del male.  Ci si dovrebbe chiedere se sartie con relative impiombature, crocette con relativi bicchieri,  carrucole, drizze,  strozzatori, paranchi di vang e paterazzo, trozza del boma, bozzelli vari , cime e cimette, vele da tempesta, terzaroli della randa, femminelle e agugliotti del timone, ovvero tutto quanto può rompersi  sotto stress, è veramente all’altezza. E, se del caso, provvedere.

Tonni

Confesso essere stata abbastanza penosa la mia risalita in barca dopo la scuffia.

A differenza di Renzo e Pietro  (il Gatto , lui, si è bagnato appena i piedini)  il mio recupero è stato più laborioso .  Un po’ per  la barca che mi scarrocciava addosso, un po’ per gli anni, un po’, e soprattutto, per quella ventina di chili di lardo inutile ( ma protettivo alle basse temperature, devo dire) che mi porto in giro.

L’alternativa è mettere una scaletta, lo so.

Ma volete mettere una nuova coperta di Meteor tipo il vecchio regata, con la sua bella poppina aperta ? Non sto scherzando. Sarebbe fantastico !

Non per scimmiottare i Fun o i Melges  o i Platù. Ma chi se ne frega !

Noo, solo per la sacrosanta comodità di  risalire in barca.

Per sicurezza, dopo avventure come quella raccontata . Ma soprattutto per voluttà , dopo rinfrescanti tuffi estivi in placide acque cristalline.

 

Carlo Cadeo

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