Uno dei più classici errori di coloro che si lamentano della lentezza della propria barca in bolina è che regolano le vele solo pensando al vento che c’è , trascurando lo stato del mare .
Invece è di tutta evidenza come , a parità di vento, la prestazione di una barca che bolina arrancando contro un mare formato, sarà peggiore di una uguale che fila via liscia su un mare piatto.
Le due regolazioni dovranno essere molto diverse.
Il concetto vale in particolar modo per il Meteor, grande piccola barca dalle forme compatte e quindi più sensibile allo stato del piano d’acqua.
Mentre riflette sulla regolazione delle vele e sull’ assetto della barca, il buon tailer metterà pari enfasi nella valutazione della forza del vento e dello stato del mare, 50% a ognuno.
La ricetta per la miglior regolazione delle vele e della barca, nelle andature controvento, dovrà uscire di volta in volta da un sapiente dosaggio dei seguenti 5 ingredienti:
– il grasso (o il magro ) orizzontale delle vele che si ottiene : per il genova, spostando il carrello del punto di scotta e
cercando di modificare la catenaria dello strallo di prua; per la randa con la regolazione del tesa-base e modificando la curvatura dell’albero .
C’è anche il grasso (o il magro ) verticale delle vele che si ottiene agendo sulle drizze.
E’ già assai difficile quantificare analiticamente il concetto di ‘grasso’ e ‘magro’, ancor più difficile è cercare di mostrarlo per iscritto.
Però , almeno per il ‘magro’ si può stabilire qualcosa di concreto.
Un genova sarà sicuramente magro, o “ ben smagrito ” quando la sua base risulterà tesa, la drizza sarà tesa e la catenaria
sullo stallo sarà ridotta al minimo (con tensione massima del paterazzo) .
Similmente una randa sarà ‘magra’ quando la sua base e la sua drizza saranno tese, l’albero sarà molto flesso con centro-albero
avanzato e testa d’albero appoppata.
Ciò premesso, acque piatte richiedono vele più magre, acque mosse chiedono vele più grasse.
– posizione del grasso massimo delle vele. Si ottiene agendo sulle drizze. Tanto più cazzo una drizza, tanto più sposto la concavità massima del profilo della vela verso prua.
L’acqua piatta vuole entrate piatte, quindi poca tensione sulle drizze, e concavità massima al centro del profilo.
L’onda invece domanda grasso in avanti, quindi drizze tese, con concavità massima verso prua.
– svergolamento. Si ottiene allentando la tensione verticale sulle scotte in modo da aprire le vele nelle loro sezioni alte.
L’acqua piatta vuole poco svergolamento: al contrario, quanto maggiore sarà l’altezza dell’onda, tanto maggiore sarà lo svergolamento da dare alle vele.
– tensione del sartiame. Acque mosse domandano tensioni non altissime, per dare un volume un po ‘maggiore alle vele.
Al contrario in un mare piatto e venti da medi a forti la tensione, soprattutto sullo strallo di prua, dovrebbe essere massima.
– posizione dell’equipaggio. Sempre molto raggruppato longitudinalmente, al punto che il “baricentro dell’equipaggio” dovrebbe
stare sempre a metà barca ( in senso longitudinale) , tranne che nelle bonacce in cui dovrebbe muovere verso prua per sollevare la poppa al fine di diminuire la superficie bagnata di carena, e tranne nelle acque agitate quando un leggero arretramento di
pochi decimetri rispetto alla posizione-base favorisce la salita della prua sulle creste delle onde.
Ciò premesso, vi è poi un atteggiamento, un approccio nel modo di bolinare, di fondamentale importanza.
In un precedente contributo (Tenere la bolina), scrivevo come sia importante stringere la bolina al massimo.
Ora mi sentirei di specificare meglio, ponendo la domanda : è sempre vantaggioso stringere la bolina al massimo ?
La risposta è no.
Ciò che conta infatti non è tanto la capacità di stringere tout court, bensì la capacità di guadagnare al vento, ovvero il saper
ottimizzare quel compromesso tra prua e velocità della barca che si chiama “velocità fatta buona” o VMG
( https://it.wikipedia.org/wiki/Velocity_Made_Good ) e, contestualmente, minimizzare lo scarroccio il più pernicioso nemico del “guadagno”, .
Il modo più semplice, divertente e anche più istruttivo per testare in ogni istante la propria VMG ( lasciando perdere diagrammi polari e solcometri) è il confronto diretto con gli altri Meteor, in allenamento e in regata.
Due scenari per entrare un poco più nel dettaglio :
Scenario 1 : aria di 2,5-3 mt., acqua piatta.
Procedete con genova discretamente teso, punto di scotta in avanti di 4 cm. rispetto a base-tesa, balumina chiusa (a sfiorare la sartia di sottovento), fili di lana pari e distesi, poca catenaria, drizza poco tesa, concavità massima a centro profilo, quindi entrata piatta.
La randa ha la base rilasciata di circa 4 cm. da quando era tesa, l’albero è dritto, il boma è centrale e avete la scotta (oppure il vang) regolati in modo che i segnavento sulle 2 stecche più alte ogni tanto smettono di volare e si nascondono dietro la balumina (ora la vostra randa è “overpowered”). Il baricentro dell’equipaggio è concentrato a ridosso dello sportello d’ingresso in cabina, ma con una persona sottovento , alla scotta del genova, sbandamento ridotto.
Filate via bene come i vostri migliori competitori, stessa prua, stessa velocità ; nulla cambia da alcuni minuti, tutto bene.
Ma che noia !
Decidete di sparigliare le carte, lascate la scotta del genova di 2-3 cm ( che è tanto) e aprite di conseguenza la randa. Non solo, ma oltre a viaggiare un po’ più poggiati di prima per via del genova lascato, decidete di poggiare un pelo ancora di più mandando addirittura in leggero stallo i segnavento sull’estradosso del genova, facendoli fileggiare o quasi ruotare, di tanto in tanto. Guadagnate un decimo di nodo (un’enormità). Dopo qualche minuto voltandovi indietro scoprirete con piacere che non solo avrete guadagnato in cammino, ma non avrete perso nulla come direzione di bolina rispetto agli altri perché, poggiando, avete aumentato la vostra velocità e quindi ridotto lo scarroccio…
Scenario 2 : aria 8 mt. , onda di circa 70 cm., corta.
Qui è dura. Vento robusto, si pesta e si beccheggia parecchio, l’imperativo è : costruire e conservare quanta più energia cinetica possibile.
La regolazione del genova è quasi identica a quella del caso precedente (!), a parte la drizza che ora è molto tesa. La base è sempre rilasciata di 3-4 cm per dare un po’ di volume alla vela di prua, chiamata a tirare come un mulo in queste condizioni. La tensione della scotta del genova deve consentire di tenere la balumina del genova aperta di una decina di cm., misurati all’altezza della crocetta, dalla sartia sottovento.
Catenaria sullo strallo ridotta per quanto possibile.
La velatura, randa e genova pieni, è in esubero quindi la randa serve principalmente per controllare (diminuire) lo sbandamento della barca, che deve essere sempre assolutamente contenuto.
Albero molto flesso. La randa nella sua area centrale è molto magra, è anche molto svergolata, piuttosto aperta di boma, sventata dagli scarichi del genova regolarmente lungo tutta la sua inferitura , non deve agitarsi e meno che mai sbattere.
In questa randa, stupenda, ‘porta’ solo la zona della balumina, con i segnavento delle stecche ben distesi.
Equipaggio compattato a centro barca, e tanto più “in fuori” per quel poco consentito dalle nostre ridicole restrizioni di Classe sulla battagliola .
L’impegno del timoniere deve mirare a :
1) massimizzare la velocità ( per abbattere lo scarroccio, notevole in queste onde ravvicinate ) ,
2) mantenere lo sbandamento il più possibile ridotto e costante ( lavorando costantemente sull’apertura o chiusura della randa).
Quindi fili di lana del genova quanto più possibile pari e distesi, tranne che all’arrivo di una raffica (su cui dovrete orzare), e tranne che all’arrivo (una quindicina di metri prima) di un importante treno d’onde, quando addirittura cercherete di andare in leggera poggia con lieve fileggiamento dei segnavento sull’estradosso , e con piccola lascata di randa, per accelerare e superare il treno d’onde in piena velocità (*).
(In queste condizioni il timoniere deve poter vedere costantemente e chiaramente il piano d’acqua, le onde e le raffiche
davanti a sé).
Nel sottocaso di una bolina con vento di 8 mt. proveniente da terra, presumibilmente quindi con poca onda,allora potrete
smagrire tutto, la velocità non vi mancherà e potrete divertirvi a ricercare la vostra VMG ottimale stringendo la bolina contro
i vostri avversari in un luffing match o “gara ad orzare” al massimo delle vostre capacità , delle vostre vele
e della vostra barca.
In ultima analisi si dovrebbe considerare che stringere la bolina va sempre bene, ma a patto di non perdere mai velocità .
Perchè la velocità ridotta produce scarroccio.
E lo scarroccio è l’antitesi della bolina.
E, ricordate, viaggiate sempre belli piatti (meno sbandamento possibile….)
Carlo Cadeo
25.07.2016
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(*) In questo caso, di mare corto, non ci interessa soffermarci ora sulla tecnica di passaggio sull’onda e sul modo di lavorarla .
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