Analisi delle parti che compongono il timone e della loro messa a punto al fine di esaltare quella piacevolezza di governo che il Meteor offre a chi lo conduce.
– Niente agugliotti, solo femminelle.
Dai testi di marineria par di capire come la differenza tra agugliotti e femminelle sia la presenza in essi di un perno ( agugliotti) , piuttosto che del foro che tale perno deve ricevere ( femminelle ). Senonché il Meteor presenta solo femminelle, due avvitate alla pala del timone ( le chiameremo femminelle-timone ) e due avvitate allo specchio di poppa ( che chiameremo femminelle-specchio) essendo la rotazione del timone demandata ad un lungo perno che le collega.
– Le femminelle-specchio.
Viste le forze in gioco, mere questioni di sicurezza vorrebbero che specchio di poppa, viteria di collegamento e natura delle femminelle fossero a prova di rottura, intendendo con ciò, per esempio, come vecchie femminelle-specchio in lega d’alluminio pressofuse, magari consunte da anni di sfregamento all’ormeggio contro femminelle-timone e contro il perno d’acciaio, andrebbero buttate e sostituite con solida ferramenta inox.
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n.b.: Il posizionamento delle femminelle-specchio deve garantire in regime di quiete la
complanarità tra timone e chiglia .
– Le femminelle-timone.
Anche qui è raccomandabile la sostituzione di vecchie femminelle in pressofuso con altrettante in acciaio inox . (Ingaggiato con altre barche in un traverso sotto spinnaker in 8 mt. d’aria, capitò anni fa a chi scrive di prendere un’imbardata con straorza incontenibile e di evitare una grave collisione con altro Meteor per pura fortuna , per la rottura improvvisa di una di tali femminelle pressofuse, seguita dalla conseguente, immediata piegatura sia dell’ altra che del perno).
Da notare come il fissaggio delle femminelle-timone sia critico.
Si allude a come il timone del Meteor sia compensato , ovvero a come il bordo di attacco della pala, per tutta la profondità immersa , e per una lunghezza di corda di qualche centimetro, stia a prua del perno e del suo prolungamento; ovvero come stia a prua dell’asse di rotazione della pala.
Rapporto di compensazione è definibile quello tra l’area della parte di pala che sta a prua del proprio asse di rotazione e l’area dell’ intera pala.
Se si immagina ora che anche la pala abbia un suo asse di simmetria, asse della pala , vediamo come il fissaggio delle femminelle-timone al timone con variazioni relative sul piano orizzontale anche di pochi millimetri possa variare l’angolo tra quest’ultimo asse ( quello della pala) e l’asse di rotazione ( quello del perno), modificando il rapporto di compensazione .
Tradotto : assi convergenti verso l’alto comporteranno che l’estremità inferiore della palla sia leggermente più a poppa della testa. Il rapporto di compensazione ne sarà ridotto, il timone risulterà un po’ più sordo e pesante anche se le capacità evolutive della carena ne saranno esaltate.
Per assi paralleli l’effetto di compensazione sarà normale.
Per assi convergenti verso il basso, la parte bassa della pala risulterà un poco più a prua della testa, il rapporto di compensazione aumentato, il timone più morbido, piacevole, e la barca potrà essere condotta con maggior precisione.
– Il perno.
E’ l’asse di rotazione del timone e collega le 4 femminelle.
La rotazione della pala sarà più pastosa se tra perno e fori delle ferramenta saranno frapposte boccole in materiale plastico. Quelle in teflon, più delicate, permettono una precisione insuperabile. Quelle in nylon sono più longeve, ma per via dell’assorbimento di umidità e relativo rigonfiamento richiedono un’alesatura maggiorata del foro interno ( e quindi gioco) in ragione di circa 0,3 mm . Le boccole devono comprendere un anello separatore tra femminella-timone e femminella-specchio .
Anche la soluzione “zero boccole” , con i fori delle femminelle calibrati però sul diametro del perno, va bene (purché sia presente sempre la guarnizione separatrice femminella-timone/ femminella-specchio) .
In tal caso però in caso d’urto del timone o comunque di piegatura del perno, lo smontaggio della pala sarà assai macchinoso.
Assolutamente indispensabile poi la presenza nel perno di un forellino diametrale per l’inserimento di una coppiglia con funzione anti-sfilamento accidentale del perno stesso (con conseguenze assai pesanti e come capitato a più d’uno sotto vela).
– Incappellaggio
E’ la scatolatura metallica, in lega oppure inox, che fa da tramite tra testa e barra del timone.
E’ bene esso conservi la sua capacità di basculare attorno alla spina orizzontale che lo collega, e lo trattiene, allo spigolo superiore poppiero della testa. Per comodità.
E’ anche bene che tra incappellaggio e testa non vi sia alcun gioco e la soluzione migliore è quella di rivestire la testa del timone con un paio di strisce di caucciù , di spessore adeguato, incollate alla testa con del mastice, previa abrasivatura delle parti.
Salvaguardata la capacità basculante e senza giochi dell’incappellaggio è possibile, anzi proprio consigliabile, collegare rigidamente e permanentemente ad esso la barra del timone tramite un paio di bulloncini passanti, per minimizzare i giochi nella catena cinematica che dalla mano del timoniere va alla pala immersa.
– Barra.
Per determinarne la lunghezza ottimale è bene riflettere sui 2 criteri per il posizionamento dell’equipaggio in bolina , che sono:
1- La concentrazione massima del peso di tutto l’equipaggio non solo sopravento ma, quel che qui conta, in prossimità di quella sezione trasversale della barca che ne contiene il baricentro ( sezione che si trova nei pressi delle lande delle sartie e che, si noti, quasi coincide con il baglio massimo).
2- La posizione in senso longitudinale dell’equipaggio che garantisca la massima lunghezza al galleggiamento di carena, e senza eccessive remore a poppa, quando lo scafo è sulle mure.
E’ l’equilibro tra queste due esigenze a fornire le migliori prestazioni dinamiche di bolina e, stante la posizione molto avanzata, in senso longitudinale, che ne deriva per tutto l’equipaggio ( tranne che in poppa sotto venti assai freschi e in bolina con onde assai ripide, quando conviene stare rispettivamente molto, e un poco , più a poppa), è bene che per un comodo brandeggio dello stick e della barra , quest’ultima sia di una lunghezza totale prossima ai 135 cm. ( di cui una quindicina solidali con l’incappellaggio e tutti i rimanenti a prua di esso ).
Anche l’inclinazione verticale della barra è critica : deve permettere al timoniere un comodo governo della barca durante molte manovre sotto spinnaker, allorquando impegnato a dare una mano, anzi due, nella regolazione del braccio e della scotta dello spi, o della scotta della randa durante issate, ammainate e strambate, sarà costretto a timonare con la barra tra le ginocchia.
Allora, la capacità di basculare della barra, unita ad uno spessore adatto (come per esempio una fettina di sughero ricavata da un turacciolo e sistemata tra incappellaggio e testa del timone), consentirà di ottenere che l’inclinazione della barra sia tale da farla arrivare esattamente all’altezza delle ginocchia del, o di altri eventuali timonieri .
– Stick
Dovrebbe essere :
-telescopico per consentire al timoniere non solo di sedere il più possibile ”fuori” dal trincarino sopravento (nelle arie medie e forti) ma anche di poter avanzare sino a ridosso della tuga ( nelle quasi-bonacce, con tutto l’equipaggio più sbilanciato verso prua, sottovento, per ridurre la superficie bagnata di carena) ,
-ergonomico per una confortevole presa ( ed un’ imbottitura fatta con nastro adesivo per manubri di bici o racchette da tennis sarà ideale, anche d’inverno, perché coibentata) , ed infine
-del tutto privo di giochi ( collegato all’estrema prua della barra tramite uno snodo orbitale in gomma, ad innesto rapido e dunque amovibile per non cuocerlo al sole nei periodi di inattività).
C.C.
(18.04.2011)
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